Un’indagine che va avanti da sei anni quella su chi possa aver tradito Anna Frank e la sua famiglia in quell’agosto del 1944.
Dopo una lunga serie di ricerche, a settantasette anni dalla scomparsa di Anna Frank, un nome emerge dall’ elenco dei sospettati: Arnold van den Bergh, un notaio ebreo di Amsterdam.
La squadra di ricercatori che studia le dinamiche dell’arresto dei Frank e degli ebrei consegnati ai tedeschi, ha ragione di sostenere che van den Bergh avrebbe consegnato una lista con tutti i nascondigli delle famiglie di religione ebraica, per poter salvare se stesso e la sua famiglia dalla deportazione.
In quanto membro del Consiglio Ebraico, Arnold van den Bergh aveva accesso alle liste con i nominativi degli ebrei olandesi e i rispettivi indirizzi, pertanto aveva ottenuto una “sospensione temporanea” dalla deportazione, per supervisionare le famiglie ebraiche che i tedeschi stavano per arrestare. Subito dopo il notaio si era messo al servizio dei tedeschi, con la promessa di rivelare i nascondigli dei suoi correligionari, in cambio di un rifugio per sé e i suoi figli.
La rivelazione è stata possibile grazie ad uno studio condotto dall’ex agente dell’FBI Vince Pankoke, che insieme ad un gruppo di ventitré persone, tra criminologi e esperti nell’analisi di dati, si è servito dell’intelligenza artificiale per ricostruire le dinamiche della scoperta dell’alloggio segreto in cui si nascondeva la famiglia Frank, insieme ai Val Pels (o Van Daan come li chiama Anna nel diario) e a Fritz Pfeffer, mettendo insieme fotografie, dati e documenti originali, in assenza di testimoni diretti.
Che il nome di van den Bergh figuri nella lista dei sospettati non è una sorpresa: lo stesso Otto Frank all’epoca sospettava che il notaio avesse tradito la sua famiglia. L’unico sopravvissuto degli otto dell’alloggio segreto di Prinsengracht 263 aveva infatti ricevuto una nota che accusava van den Bergh di aver consegnato lui e la sua famiglia alla Gestapo.
Un tassello del puzzle che ha permesso al team di Pankoke di far luce sulla vicenda: da una ricerca fatta agli archivi di Amsterdam, in seguito ad un sopralluogo dell’alloggio, l’ex agente dell’FBI ha scoperto che verso la fine della Guerra, i tedeschi sciolsero i consigli ebraici e iniziarono a deportare anche i responsabili, ma il nome di Arnold van den Bergh non è apparso in nessun elenco di prigionieri nei campi di sterminio.
Il notaio è morto a Londra nel 1950.
Era chiaro che avesse ottenuto qualche forma di protezione dai nazisti:
“Non ci sono prove che indichino che sapesse chi si nascondeva in uno di questi indirizzi” – spiega Pankoke in un’intervista- erano soltanto indirizzi che venivano forniti dove si sapeva che gli ebrei erano nascosti”.
Le prove a carico di van den Bergh sono ancora circostanziali e insufficienti per sperare in una condanna, ma Pankoke è certo che qualcuno abbia tradito i Frank, rivelando il loro nascondiglio.
Non sopporto quando si occupano tanto di me, allora sì che divento prima sfacciata, poi triste e alla fine torno a rovesciare il cuore, giro in fuori la parte brutta e in dentro la buona e cerco un modo per diventare come vorrei tanto essere e come potrei essere se… nel mondo non ci fosse nessun altro.
Il diario di Anna Frank si interrompe così i 1° agosto 1944. Pochi giorni dopo un gruppo della Gestapo irrompe nell’alloggio segreto e arresta tutti i suoi abitanti.
L’epilogo è noto: Anna Frank e sua sorella Margot muoiono di stenti e di tifo nel campo di sterminio di Bergen Belsen nel 1945.
Degli otto dell’alloggio segreto, soltanto Otto Frank fa ritorno e decide di pubblicare il diario di sua figlia due anni dopo la sua morte.
Adesso è certo che l’arresto dei Frank non è stato causa di un movimento brusco o di un rumore proveniente dal nascondiglio, percepito dall’esterno. È stato un tradimento, che probabilmente ora ha anche un nome e un volto.