Il
museo di Anna Frank, l’autrice del diario divenuto simbolo dell’Olocausto
nazista, è stato ristrutturato per adattarsi alle “nuove generazioni”
che visitano in massa la casa di Amsterdam dove la giovane ebrea si nascose
insieme alla famiglia e ad altre persone fra il 1942 e il 1944 nella speranza
di sottrarsi alla cattura e alla deportazione. Dopo due anni di lavori, il
museo ha svelato venerdì il suo new look: un nuovo edificio annesso al nucleo
originario, costituito dal celebre Alloggio segreto, per poter estendere lo
spazio espositivo. All’inaugurazione era presente il re d’Olanda
Willem-Alexander, invitato d’onore. “Ogni anno 1,2 milioni di persone
visitano la Casa di Anna Frank e la metà hanno meno di 30 anni. Abbiamo
pertanto un pubblico molto giovane”, ha dichiarato il direttore del museo,
Ronald Leopold. “L’interesse per la guerra e la storia di Anna Frank è in
crescita ma le conoscenze sull’argomento diminuiscono. Dobbiamo fornire più
contesto storico alla vicenda di Anna”, ha proseguito. Infatti questo
secondo edificio è incentrato sugli aspetti didascalici sul contesto bellico e
sulla lenta progressione dell’odio verso gli ebrei a partire dal 1933, anno in
cui la famiglia Frank decise di fuggire dalla Germania e di trasferirsi ad
Amsterdam. Non mancano nuovi documenti esposti fra cui figura una lettera della
direttrice della scuola di Margot, la sorella maggiore di Anna, nella quale
scrive alle autorità naziste: “ho l’onore di presentarvi la lista dei nomi
dei bambini di sangue ebraico”.
Nel
museo si possono visitare le anguste stanze, accessibili da una porta nascosta
dietro ad una finta biblioteca, dove Anna visse con il padre Otto, la madre
Edith, la sorella Margot e altre quattro persone. Arrestati dalla Gestapo, Anna
Frank, 15 anni, morirà di tifo a inizio 1945, meno di un anno dopo la cattura e
poco prima della fine del conflitto, nel campo di concentramento di
Bergen-Belsen, alcuni giorni dopo la sorella, allora 19enne. Il padre Otto fu
il solo sopravvissuto dell’Alloggio, poiché la madre era morta ad Auschwitz. Il
museo è rimasto aperto nei due anni di lavori, una “sfida immensa”, ha
confidato la direttrice amministrativa Garance Reus-Deelder.