È improvvisamente venuto a mancare questa mattina Rav Jonathan Sacks, ex rabbino capo d’Inghilterra e del Commonwealth.
Considerato la massima autorità spirituale e morale ebraica ortodossa in Gran Bretagna, era stato nominato Sir dalla Regina Elisabetta II nel 2005 per servizi resi alla Comunità e alle relazioni inter-religiose e nel 2009 nominato Lord Barone con un seggio a vita nella Camera dei Lord.
Grande divulgatore, autore di decine di libri, conferenziere con brillantissime capacità di dialogo, aveva affrontato nei suoi studi e nelle sue ricerche tutti i grandi temi sociali, tra i quali: il rapporto tra l’uomo e l’ambiente; il ruolo dell’educatore e del maestro; etica e carattere morale delle leadership; il declino di una Europa sempre meno attenta alla famiglia e malata di consumismo; il rapporto tra la violenza religiosa e il concetto di Dio (sull’argomento in lingua italiana la Giuntina ha pubblicato “Non nel nome di Dio. Confrontarsi con la violenza religiosa”). Tutti aspetti e problematiche che Rav Sacks interpretava e analizzava nella visione ebraica e alla luce degli insegnamenti della Torà.
Erano spesso chiamato a interpretare le grandi tematiche dell’attualità e lo faceva con una visione originale e particolarissima che gli derivavano, non solo dalla sua personale sensibilità, ma anche dalla grande erudizione.
Non si sottraeva nemmeno sulle tematiche politiche più spinose. Lo scorso anno aveva attaccato Jeremy Corbyn ( candidato a diventare premier), dicendo che se fosse diventato premier “gli ebrei se ne andrebbero dal Regno Unito”,definendolo una “minaccia esistenziale” alla popolazione ebraica in Gran Bretagna.
In una delle sue ultima interviste alla BBC, lo scorso marza, aveva affrontato il tema della pandemia, trovando in un momento così difficile per l’umanità una visione positiva ed ottimistica. “Non ricordo – aveva spiegato rav Sacks – altri momenti nella storia in cui tutti, nel mondo, hanno affrontato lo stesso identico problema. È una situazione che genera angoscia, isolamento. Ma che, anche nel mondo ebraico, sta anche facendo emergere il lato migliore delle persone. Individui che si mettono a disposizione di altri. Giovani che tendono idealmente la mano agli anziani. È in corso un cambio di paradigma: si sta passando dall’io individualistico al noi. E questo è molto significativo”. È una prova collettiva che “cambierà profondamente il nostro carattere, la nostra generazione. Non potremo più restare indifferenti, anche nei confronti delle sfide che ci pongono ambiente e natura. Ci sarà, io credo, maggior attenzione a temi sensibili come il cambiamento climatico”. È concludeva che la pandemia appariva quasi come “una rivelazione, anche per chi non crede”, perché ha fatto crescere in tutti la nuova consapevolezza “della fragilità e della vulnerabilità dell’essere umano”.
In queste ore messaggi di cordoglio stanno giungendo da tutto il mondo.
“La forza della sua personalità – ha scritto il rabbino capo di Roma, Rav Riccardo Di Segni – ha segnato questi ultimi decenni di vita ebraica, e probabilmente è stato il leader religioso più ascoltato e influente degli ultimi anni, che ha saputo trasmettere insegnamenti validi per tutti”.
“Un gigante della nostra generazione – lo ha definito il presidente della Comunità ebraica di Roma, Ruth Dureghello – che ha saputo avvicinare alla Torah persone da tutto il mondo. Ha il grande merito di aver fatto conoscere al mondo esterno la forza straordinaria della tradizione ebraica. Ricordiamolo attraverso i suoi insegnamenti”.