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    “Il massacro di Monaco ’72 cambiò il volto dei Giochi olimpici” – Intervista a Novella Calligaris

    Fu la sua Olimpiade quella di Monaco ’72. I Giochi di 50 anni fa cambiarono la sua vita e la storia del nuoto italiano. E’ a Monaco di Baviera che Novella Calligaris diventa la prima atleta azzurra a vincere una medaglia olimpica nel nuoto. Seguirà una carriera stellare, ma qualcosa, come per tanti atleti di quell’Olimpiade, si è fermato a Monaco, “quando il terrore ha violato lo spirito olimpico” ricorda Calligaris, la leggenda del nuoto italiano, che Shalom ha intervistato.

     

    Lei ha partecipato alla Olimpiadi di Monaco ‘72, portando straordinari risultati per il nuoto italiano. Aveva finito le gare quando i terroristi di Settembre nero iniziarono la loro operazione di morte nel villaggio olimpico. Cosa ricorda di quei momenti?

    Finite le gare dovevo ripartire, solo che, visto il risultato, ebbi il permesso di rimanere perché volevo andare a vedere l’atletica, soprattutto Mennea. Ricordo che nella notte la mia compagna di stanza, Chicca Stabilini, sentì un boato e mi svegliò. Le dissi “dai, hai mangiato troppo cioccolato, riaddormentati” perché pensare a ciò che stava accadendo era fuori da ogni logica. La mattina seguente ci presentammo alla palazzina dell’Italia, dove soggiornavano i ragazzi, che era vicina a quella israeliana. Ricordo un grande trambusto. Siamo salite e abbiamo visto dal terrazzo quegli uomini mascherati, che poi erano i terroristi, ma chiaramente non ci rendemmo conto di ciò che stava accadendo. Io avevo 17 anni e Chicca solo 15. Sono stati due poliziotti a portarci via di peso e a dirci di fare le valigie e partire. Talmente non avevamo capito la gravità della situazione che eravamo anche molto seccate di perdere le gare di atletica. Ricordo che dovevo vedere Mark Spitz, che mi lasciò un biglietto con su scritto “devo partire subito”. In realtà fu portato via con un elicottero, visto che Spitz era ebreo, dunque presumibilmente considerato un obiettivo dell’attentato.

     

    Quando si è resa conto di ciò che stava accadendo e che quegli “uomini mascherati” erano in realtà i terroristi di Settembre nero?

    Quando siamo andate poi al villaggio femminile abbiamo incontrato una ragazza della squadra di nuoto israeliana che piangeva a dirotto. Abbiamo cercato di avvicinarci a lei, ma era circondata da persone che ci hanno immediatamente allontanato. Noi abbiamo fatto le valigie, sempre ignare di tutto. Quando siamo arrivate in Italia ci hanno raccontato quello che stava succedendo, e capimmo anche perché quella ragazza era disperata. Poi abbiamo seguito da casa, minuto per minuto, tutto quello che stava accadendo in Germania. Fino alla tragica notizia che tutti gli atleti israeliani presi in ostaggio dai terroristi erano stati uccisi.

     

    Perché cercavano di non farvi capire cosa stesse accadendo?

    Penso fosse una strategia che hanno adottato verso gli atleti, soprattutto nei riguardi dei più giovani, perché la verità poteva essere molto traumatica. Noi eravamo adolescenti.

     

    Quale era l’atmosfera di quell’Olimpiade? Si ricorda com’era il villaggio olimpico?

    Era un’atmosfera molto gioiosa. E ci sentivamo sicuri, visto che per la prima volta furono introdotti i varchi per l’identificazione. Per cui si supponeva non potessero entrare estranei.

     

    Ci furono molte polemiche in seguito alla decisione di continuare i Giochi olimpici. Come ha considerato lei quella scelta?

    È stata certamente una decisione molto difficile. Io credo sia stato giusto andare avanti. Sospendere i giochi avrebbe dato ancor più risalto all’evento. Quindi hanno cercato in qualche modo di non darla vinta ai terroristi. D’altra parte, capisco perfettamente il disappunto, ma in una logica lucida forse se avessero interrotto i giochi, gli avrebbero dato vittoria su tutti i fronti. Interrompere avrebbe potuto ispirare pericolosi gesti di emulazione, perché i Giochi olimpici sono il più grande palcoscenico in assoluto.

     

    In molti sostengono che il livello della sicurezza durante i giochi di Monaco ’72 fosse molto basso.

    Non credo sia vero. Per entrare nel villaggio si dovevano passare i controlli e avere l’accredito. Poi si è dimostrato evidentemente che c’erano delle falle, ma è stata la prima volta in cui c’era il controllo di chi entrava.

     

    Nelle competizioni successive lei ha visto un cambiamento in questo senso?

    Da Monaco ’72 uno dei punti focali dell’organizzazione dei Giochi olimpici è la sicurezza, che da allora venne introdotta nel dossier. Ad esempio, nel 2004 ad Atene ci fu una minaccia terroristica molto forte, così venne raddoppiato il budget per la sicurezza.

     

    Per il mondo sportivo che cosa rappresentò il massacro di Monaco ‘72?

    Chiaramente è stato uno shock spaventoso per tutti. Cambiò da un certo punto di vista il volto dei Giochi. Fu una violazione della pace, dello spirito olimpico, della bellezza e dei valori della Olimpiade.

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