Mancano poche ore e a Washington è tutto pronto per la firma degli ‘Accordi di Abramo’. I contenuti degli accordi tra Israele ed Emirati Arabi Uniti e tra Israele e Bahrein ancora non si conoscono. Ma già si parla di altri Paesi del Golfo Persico che potrebbero seguire – per interessi diversi – le orme di Abu Dhabi e Manama. Si parla dell’Oman, che ha subito accolto con favore le intese annunciate da Emirati e Bahrein, dopo quelle che nel 1979 e nel 1994 Israele firmò con Egitto e Giordania. Difficile, però, prevedere quando potrà stabilire rapporti formali con Israele. Le relazioni, comunque, sono già in corso. Nel 2018 l’allora sultano dell’Oman, Qaboos, ha ricevuto il primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu a Muscat, nonostante i due Paesi non avessero rapporti diplomatici ufficiali. Ne seguì un appello dell’Oman ai Paesi arabi perché permettessero a Israele di sentirsi “più sicuro” nella regione. Da quando il nuovo sultano Haitham bin Tariq ha preso il potere all’inizio dell’anno non ci sono stati sviluppi, sebbene abbia più volte affermato di voler seguire la linea dettata da Qaboos in politica estera.
Diverso il ‘caso’ Arabia Saudita. L’anno scorso rapporti di stampa parlavano di colloqui segreti con Israelesull’iniziativa di Donald Trump per il Medio Oriente. Ma dopo l’accordo annunciato tra Israele ed Emirati, la monarchia del Golfo è rimasta in silenzio per una settimana prima che il ministro degli Esteri desse la ‘benedizione’ a qualsiasi iniziativa che porti alla sospensione delle attività unilaterali di Israele negli insediamenti o ai piani di annessione. Poi c’è stato un ulteriore passo in avanti con l’apertura dello spazio aereo saudita ai voli diretti tra Israele ed Emirati. Poi ancora è arrivato l’annuncio dell’accordo tra Israele e Bahrein, alleato di Riad, principale rivale dell’Iran nella regione. Ma secondo gli analisti, sottolinea l’agenzia Dpa, difficilmente l’Arabia Saudita seguirà Abu Dhabi e Manama fin quando al potere ci sarà re Salman, anche se un’intesa con Israelepotrebbe rafforzare l’immagine in Occidente del giovane e ambizioso principe ereditario Mohammed bin Salman, con l’interrogativo delle ‘resistenze’ interne nella monarchia. Nel 2002 il regno è stato tra lo sponsor numero uno dell’iniziativa di pace araba, che sostiene la soluzione dei due stati. E per Mohammed Baharoon, direttore generale del think tank B’huth di Dubai, Riad guarda probabilmente a quello che sta accadendo nella regione come a un “esperimento”.
Tra i Paesi del Consiglio di cooperazione del Golfo c’è poi il Qatar, dove i media danno più spazio alle reazioni – infuriate – dei palestinesi (e della Turchia) agli accordi che alla “svolta storica”. Da tre anni la crisi interna ai Paesi del Golfo ha ‘isolato’ il Qatar da Arabia Saudita, Emirati e Bahrein. Accusata di sostegno al terrorismo e di essere un elemento di instabilità nella regione, difficilmente Doha seguirà i ‘rivali’ nella normalizzazione dei rapporti con Israele. Il Qatar è tra l’altro uno dei principali sostenitori del movimento palestinese Hamas. Infine, il Kuwait, rimasto in silenzio dopo l’annuncio degli accordi tra Israele ed Emirati e Bahrein. Il livello di tensione con Israeleera alle stelle dopo l’annuncio di quest’ultimo di voler annettere aree della Cisgiordania. Ad agosto il quotidiano al-Qabas citava fonti governative che ci tenevano a sottolineare – ancora una volta – come il Paese sarà in caso stato l’ultimo a normalizzare i rapporti con Israele. (Rak/Adnkronos)