Alcuni mesi fa un bambino dell’età di undici anni si è presentato al Policlinico di Bari con dolore e gonfiore al dito della mano. Dopo accurate analisi, si è scoperto che si trattava di un tumore maligno raro, il Sarcoma di Ewing, localizzato nella falange del terzo dito della mano. Grazie ad un lavoro multidisciplinare di equipe tra il Policlinico di Bari, l’Ospedale Israelitico, il Giovanni XXIII e l’Istituto Nazionale Tumori Regina Elena di Roma, l’utilizzo di tecnologie mediche all’avanguardia ha permesso la realizzazione dell’intervento senza la necessità di amputare il dito.
La Dott.ssa Alessia Pagnotta, Responsabile U.O.S.D. di Chirurgia della Mano e Microchirurgia dell’Ospedale Israelitico, racconta a Shalom la complessità dell’intervento. “In primo luogo, la difficoltà è stata la diagnosi compiuta dal Policlinico di Bari. Il bambino si è presentato con un gonfiore al dito della mano, apparentemente una cosa banale, ma l’esecuzione di una radiografia ha allertato i miei colleghi: nella falange c’era una neoformazione ossea. È stata eseguita una biopsia ed è arrivata la diagnosi: un tumore maligno. Il bambino ha poi eseguito la chemioterapia sotto la guida degli oncologi che hanno stabilito il protocollo chemioterapico più idoneo. I secondi attori nell’iter terapeutico sono stati i chirurghi. Si trattava di un’equipe composta da chirurghi oncologi, chirurghi pediatrici e chirurghi ricostruttivi”. I chirurghi oncologi coinvolti sono stati il Prof. Biagini, la Dott.ssa Pagnotta dell’Ospedale Israelitico e il Dott. Amati, chirurgo pediatrico del Policlinico di Bari. La seconda parte dell’intervento è stata la parte ricostruttiva: una volta eradicato il tumore, si è riusciti a ricostruire il dito del bambino grazie all’intervento del Prof. Maruccia, della Dott.ssa Pagnotta e della Dott.ssa Elia.
Il bambino soffriva di un tumore raro all’osso che compare in età pediatrica. La localizzazione al dito della mano è un evento ancora meno frequente. “Fino a qualche anno fa la soluzione sarebbe stata di tipo amputativo e sicuramente in molti casi questo sarebbe il trattamento ancora oggi” spiega la Dott.ssa Pagnotta. La volontà di attuare una metodologia innovativa è derivata prima di tutto dal paziente stesso che, all’età di soli undici anni, cosciente della propria malattia, ha deciso di intraprendere un percorso di ricostruzione del dito per non perdere il raggio.
“La tecnica che abbiamo utilizzato per la ricostruzione è stata pubblicata nel 2022 in collaborazione con l’IFO. Nella ricostruzione del dito si utilizza un osso di banca, chiamato allograft, ovvero un osso non vivente che viene rivascolarizzato con un innesto di vena al suo interno. Questo costrutto è stato trapiantato nella mano del bambino, compiendo una micro-anastomosi tra il vaso dell’allograft e il vaso ricevente del paziente. Inoltre, è stata ricostruita l’articolazione in modo tale che il dito fosse mobile”. L’intervento è durato otto ore e l’esame istologico definitivo ha escluso residui di malattia locale.
È stato possibile arrivare al traguardo raggiunto grazie alla collaborazione multidisciplinare del Policlinico di Bari, dell’Istituto Regina Elena e dell’Ospedale Israelitico di Roma, che da anni compiono insieme operazioni dall’alto grado di difficoltà. “All’Ospedale Israelitico eseguiamo molti interventi oncologici e ricostruttivi di alta complessità – conclude la Dott.ssa Pagnotta – Questo è stato un evento eccezionale, che ha visto tanti attori coinvolti, ma non sono da dimenticare gli altrettanti casi quotidiani che vengono operati con ottimi risultati nei nostri centri. Il nostro Ospedale può ritenersi un centro importante e di riferimento per i tumori alla mano”.