Si moltiplicano le reazioni di sdegno per la decisione dell’università di Torino di non partecipare al bando 2024 del Ministero degli Affari Esteri e della Cooperazione Internazionale per la raccolta di progetti di collaborazione tra le istituzioni di ricerca italiane e israeliane. Oltre al mondo ebraico, che si è espresso con dichiarazioni, note e lettere sia dell’Unione delle Comunità Ebraiche Italiane che di singole comunità locali, sono partiti un appello di docenti ed ex docenti dello stesso ateneo piemontese e una lettera aperta dell’Associazione Setteottobre indirizzata alla Presidente del Consiglio Giorgia Meloni e al Ministro per l’Università e la Ricerca Anna Maria Bernini. Ma anche lo stesso mondo politico si è espresso, con posizioni contrastanti tra i diversi partiti.
La decisione del Senato accademico, votata lo scorso 19 marzo a maggioranza (un voto contrario e due astensioni), ha approvato una mozione che riteneva inopportuna la partecipazione al bando del Ministero degli Esteri per il protrarsi della del conflitto nella Striscia di Gaza. Questa votazione si è svolta al termine di un’assemblea tra i senatori e gli studenti del collettivo ‘Cambiare Rotta’ e ‘Progetto Palestina’, che la mattina avevano interrotto una seduta del Senato accademico.
Sul tema è intervenuta anche la premier Giorgia Meloni in audizione alla Camera. “Considero preoccupante l’ondata di antisemitismo dilagante. Considero grave e preoccupante che il Senato accademico dell’Università di Torino scelga di non partecipare al bando per la cooperazione scientifica con Israele. E lo faccia dopo un’interruzione con un’occupazione da parte dei collettivi. Se le istituzioni si piegano a questi metodi rischiamo di avere molti problemi”.
Il dibattito politico ha visto però diverse posizioni. Mariastella Gelmini, senatrice e portavoce di Azione, ha commentato come “un fatto grave” questa decisione, sottolineando l’importanza della cooperazione culturale e scientifica tra Italia e Israele, mentre la vicepresidente del gruppo M5S al Senato Alessandra Maiorino ha parlato di “ingerenza della politica particolarmente lesiva della libertà di insegnamento”.
L’ebraismo italiano si è espresso con risentimento e apprensione.
Il presidente della Comunità di Roma Victor Fadlun ha parlato in una nota di “sdegno e preoccupazione”, ricordando che “le leggi razziali del 1938 sono state precedute e seguite da una propaganda antisemita che è passata attraverso le Università e gli ambienti accademici”, con “l’epurazione, la persecuzione e l’esilio di almeno 200 tra ricercatori e professori universitari. […] Qui a essere boicottata è anzitutto la democrazia”.
La presidente dell’Unione delle Comunità ebraiche italiane Noemi Di Segni ha dichiarato all’ANSA che “si è superata ogni linea rossa e la preoccupazione per la situazione universitaria dilaga”; ha quindi lanciato “un appello a Meloni, a Bernini e alla presidente della Crui Iannantuoni, affinché la definizione dell’International Holocaust Remembrance Alliance sull’antisemitismo sia recepita a pieno da tutte le Università italiane”.
La Comunità di Torino, con una lettera firmata dal Presidente Dario Di Segni indirizzata al Magnifico Rettore, ha espresso “grave turbamento e indignazione”, ritenendo che la decisione presa “mortifica i principi di libertà e di collaborazione che sono i fondamenti che regolano la vita e l’attività delle istituzioni accademiche e non ha precedenti nei rapporti con qualunque altro Stato, compresi quelli retti da regimi dittatoriali”.
Tra le associazioni ebraiche, si è espressa anche l’Unione Giovani Ebrei d’Italia, particolarmente sensibile ai problemi che coinvolgono ambiti legati alla fascia giovanile.
Brunello Mantelli, Ugo Volli, Dario Peirone, Riccardo de Caria, Daniela Santus sono i primi firmatari di un appello di docenti ed ex docenti dell’università torinese. Nel testo rilevano come l’ateneo sia stato infangato con metodi di natura squadristica utilizzati da una minoranza di facinorosi. Aggiungono che “non ha senso alcuno interrompere la cooperazione con università di altri Stati, e del resto le Università della Repubblica hanno regolari rapporti con Atenei di Stati il cui regime è tutt’altro che democratico, mentre qui si vogliono interrompere i rapporti di collaborazione e scambio con gli Atenei di uno Stato democratico parlamentare”. Rilevano altresì che “il boicottaggio scientifico del solo Stato di Israele, fra i molti che si trovano coinvolti in conflitti armati, di cui questa decisione appare l’inizio, rientra appieno nell’ambito dell’antisemitismo, com’è definito dall’International Holocaust Remembrance Alliance (I.H.R.A.), sottoscritta tra l’altro da 41 stati di cui 25 europei (inclusa l’Italia) e dagli Usa”. Invitano pertanto “Rettore, Giunta e Senato accademici a far togliere la targa che ricorda, nel Palazzo del Rettorato, i quattro professori dell’Ateneo che ebbero il coraggio di opporsi al dettato monarchico-fascista”.
L’Associazione Setteottobre, che raccoglie intellettuali, politici e semplici cittadini, ha individuato in questa scelta “un atto gravissimo, diretta conseguenza del clima di intimidazione antisemita di cui si stanno moltiplicando gli esempi nelle Università italiane dopo il 7 ottobre. […] Per la prima volta nel nostro paese un’istituzione accademica si piega al diktat di un manipolo di studenti che, riferendosi a Israele, usano la stessa definizione cara agli ayatollah iraniani: ‘entità sionista’”.
Quel che è certo, è che si tratta di un episodio che porta la mente alle analoghe vicende che negli ultimi giorni si sono verificate nelle Università di Roma e Napoli, dove sono stati impediti gli interventi rispettivamente di David Parenzo e Maurizio Molinari: tra questi importanti centri universitari si dipana un filo rosso che preoccupa per il crescente sentimento antisemita che trova sempre più consensi.