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    ITALIA

    Una storia per non dimenticare: al Senato il ricordo della Shoah e del Ghetto di Varsavia

    Il ricordo della Shoah non si esaurisce con il Giorno della Memoria. Lo ha confermato l’evento “In ricordo della rivolta del Ghetto di Varsavia” che si è svolto alla sala Zuccari di Palazzo Giustiniani al Senato.
    Realizzato su iniziativa del Sen. Maurizio Gasparri, l’incontro è stato promosso dal Benè Berith Roma in collaborazione con la Fondazione Museo della Shoah.
    L’evento, condotto dalla giornalista Claudia Conte, ha rappresentato l’occasione per la proiezione del cortometraggio “Un nome che non è il mio”, ispirato al romanzo di Nicola Brunialti e incentrato sulla ‘Schindler di Varsavia’, Irena Sendler, l’infermiera che riuscì a salvare circa 3000 bambini ebrei dalle deportazioni nei campi di sterminio nazisti. Il corto è stato realizzato da Brand-Cross in collaborazione con Rai Kids e Rai Com, con la regia di Dario Piana, le musiche di Paolo Jannacci e le illustrazioni di Michele Tranquillini.
    In apertura, il Senatore Gasparri ha enfatizzato l’importanza della memoria e della storia: «Chi ha vissuto lo sterminio, chi ha conosciuto l’orrore della Shoah nel Novecento, non vuole che oggi si ripetano simili tragedie. Questo cortometraggio contribuisce a non far dimenticare quello che è successo, perché chi conosce la storia capisce anche il presente ed evita tragedie nel futuro. L’ignoranza e la perdita della memoria possono determinare tragedie, omissioni e incomprensioni».
    Sono intervenuti anche il Sottosegretario agli Affari Esteri Giorgio Silli e l’Ambasciatore di Israele in Italia, Jonathan Peled. Particolarmente commovente il discorso dell’Ambasciatore di Polonia in Italia, Ryszard Schnepf, professore universitario di Storia a Varsavia con una storia familiare unica: « La storia è la madre della conoscenza per trovare soluzioni per il futuro. Sono figlio di una signora che era una giusta tra le nazioni» ha spiegato l’Ambasciatore. « Mia madre aveva 11 anni quando una signora con tre bambini ha bussato alla porta. Da quel momento sono rimasti per tre anni insieme in un appartamento di Varsavia composto di una sola stanza» ha raccontato l’Ambasciatore ricordando la madre scomparsa da poco ad oltre 95 anni di età. «Rifletto spesso sulla solitudine degli ebrei del Ghetto di Varsavia e mi sono posto diverse volte la domanda se io stesso fossi capace dei gesti eroici di Irena Sendler o di altri giusti tra le nazioni, se sapessi rischiare la vita mia e dei miei familiari per salvarne altre. Non saprei dare una risposta. È troppo difficile e doloroso».
    «L’occasione che ci riunisce oggi nasce dal ricordo della Rivolta del Ghetto di Varsavia – ha sottolineato Carola Funaro, Vicepresidente della Comunità Ebraica di Roma e Assessore alla Memoria – Un gesto estremo, nato non per salvare la vita, ma per salvare la dignità. Una resistenza senza speranza, che proprio per questo assume un valore assoluto: fu un grido contro l’annientamento, un rifiuto dell’umiliazione, un atto di testimonianza. Oggi l’odio antiebraico non è un fenomeno superato. Si ripresenta con nuovi volti, nuove parole, ma la stessa violenza. E la memoria, se non si fa consapevolezza, rischia di perdere forza. Viviamo un tempo in cui la Shoah viene banalizzata, relativizzata, talvolta persino capovolta. Si tenta di riscrivere la storia, di confondere i ruoli, fino a presentare gli ebrei come carnefici. Oggi, più che mai, fare memoria significa rifiutare quell’indifferenza. Significa scegliere ogni giorno di vedere, di ricordare, di parlare. Di assumersi la responsabilità della verità».
    Sandro Di Castro, Presidente del Benè Berith Roma, ha espresso le sue preoccupazioni per il clima di antisemitismo odierno, soprattutto sui social. L’antisemitismo e l’importanza della memoria sono stati anche al centro dell’intervento di Mario Venezia, Presidente della Fondazione Museo della Shoah, che ha sottolineato come « rinnovare questo ricordo è un monito e un impegno collettivo a difendere i valori democratici e i diritti umani».
    Lo sceneggiatore Nicola Brunialti ha spiegato come attraverso il cortometraggio desiderasse «tirare fuori dai numeri delle storie di persone che non possono più avere giustizia ma possono avere la nostra pietà». Lo scrittore svolge una continua attività di conversazione con i ragazzi delle scuole e ha cercato di contribuire attraverso il suo romanzo e corto alla preservazione della memoria della Shoah. «Gli ebrei hanno resistito non solo con la rivolta, ma con le sinagoghe e le scuole clandestine» ha ricordato Brunialti, sottolineando che «tutti i figli e i nipoti che ci sono adesso sono una testimonianza di quella resistenza».

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