Tra i fronti che Israele si è trovato a combattere in questo ultimo anno vi è stato anche quello del diritto internazionale. Dopo che il Sudafrica ha richiesto alla Corte Internazionale di Giustizia di riconoscere Israele come responsabile di genocidio e crimini di guerra, si è diffusa la percezione che le leggi internazionali vengano strumentalizzate per attaccare Israele, piuttosto che per garantire giustizia ed equità. Questo è stato il tema centrale di un incontro presso la Sala Cristallo dell’Hotel Nazionale, dove politici, generali e analisti di alto livello hanno discusso il documento “Amicus Curiae” dell’High Level Military Group, attualmente all’attenzione della Corte Penale Internazionale.
Dopo gli interventi di saluto del Senatore Marco Scurria e dell’ex Senatore Andrea Cangini, che hanno denunciato l’uso della popolazione palestinese come scudi umani e il pregiudizio dell’élite internazionale nei confronti di Israele, la conferenza è stata aperta dal Generale Vincenzo Camporini, già Capo di Stato Maggiore dell’Aeronautica Militare e della Difesa, con la moderazione del giornalista Fabio Mario Angelicchio. Il Generale ha illustrato il concetto di “amicus curiae”, una figura giuridica del diritto anglosassone che permette a esperti di fornire valutazioni su questioni complesse, sottolineando come l’essenza del documento risieda nel dimostrare che le procedure dell’esercito israeliano sono in linea con quelle dei Paesi occidentali. Non rispettare tali principi avrebbe conseguenze disastrose, non solo per Israele, ma per l’intero Occidente.
È quindi essenziale comprendere se ci siano basi concrete e prove che giustifichino le accuse della Corte Internazionale di genocidio e crimini di guerra contro Israele. A tal proposito, Paolo Capitini, Generale di Brigata e docente alla Scuola Sottufficiali dell’Esercito, ha evidenziato le difficoltà operative in un contesto come Gaza, dove è quasi impossibile distinguere tra civili e combattenti. Anche Giuseppe Morabito, Generale di Brigata e analista della NATO, ha sottolineato che le informazioni provengono spesso da fonti legate ad Hamas, le quali non devono rispettare gli stessi standard di trasparenza e veridicità cui è soggetto Israele, manipolando così i fatti a proprio vantaggio.
In questo quadro, emerge chiaramente la necessità di promuovere il diritto umanitario. L’esercito israeliano, unico nel suo genere, avverte la popolazione civile prima di ogni operazione militare. A conferma di questa riflessione, Fiamma Nirenstein, giornalista e consigliere del Ministro degli Esteri israeliano per la lotta all’antisemitismo, ha sottolineato, collegata da remoto, come l’antisemitismo stia trovando sempre più terreno fertile a livello internazionale, mettendo in ombra i principi fondamentali della democrazia israeliana, sanciti anche dalla Convenzione di Ginevra.
A un anno dall’attacco del 7 ottobre, si assiste a una distorsione delle normative internazionali, che dovrebbero garantire giustizia e imparzialità. Il Senatore Giulio Terzi di Sant’Agata, con un passato da diplomatico di primo piano e da ministro degli Esteri nel Governo Monti, ha evidenziato un asse cruciale tra geopolitica, diritto internazionale e antisemitismo, mettendo in luce come il diritto possa essere strumentalizzato per creare condizioni sfavorevoli a un avversario, anche quando questo è vittima di aggressione. Questa riflessione invita a considerare come le leggi internazionali, anziché proteggere le nazioni in conflitto, possano essere piegate a fini politici. In un contesto in cui l’antisemitismo si radica sempre di più, diventa cruciale promuovere un dibattito informato e onesto. Solo così sarà possibile non solo difendere il diritto di Israele a proteggersi, ma anche riaffermare quei valori universali di giustizia e umanità che dovrebbero guidare le relazioni internazionali.