Ventidue secoli di presenza ebraica in Italia hanno lasciato il segno. Girando la Penisola in lungo e in largo, infatti, ci si può imbattere in sinagoghe, monumenti, toponomastica, cimiteri o piccoli simboli legati all’ebraismo. Elencare tutti questi luoghi sarebbe impossibile, ma anche solo qualche tappa può rendere l’idea. Se alcuni percorsi sono noti ai più, come l’ex ghetto di Roma o le maestose sinagoghe di Firenze o Casale Monferrato, non tutti sanno che tracce di ebraismo si possono riscontrare praticamente in ogni regione. Anche al Sud, dove gli ebrei furono espulsi all’inizio del XVI secolo, restano vive le testimonianze dei 1500 anni precedenti. La Puglia, ad esempio, nel tardo medioevo, fu tappa frequente di mercanti e pellegrini in viaggio verso l’Oriente. Otranto, Bari e tante altre cittadine della costa ospitavano giudecche oggi evocate da nomi come “vico la Giudea” a Trani. Ma anche in piccoli centri come Oria (Brindisi) si trovano Piazza Shabbatai Ben Abraham Donnolo, la Porta degli Ebrei e il Rione Judea, il cui simbolo è una menorah. Spostandosi in Basilicata, presso il parco archeologico di Venosa si possono scoprire epigrafi e iscrizioni in ebraico risalenti alle catacombe ebraiche locali, costruite dal III secolo. Al Sud gli ebrei erano giunti nell’antichità con i primi scambi commerciali, per poi crescere nel Medioevo, soprattutto in Sicilia, quando sotto arabi e normanni si svilupparono centri culturalmente molto vivaci. Tra le testimonianze presenti nell’Isola, la più nota è certamente il mikvé medievale di Ortigia, ma di giudecche ve ne sono state decine, da Palermo a Trapani. Se al Sud la storia degli ebrei si interrompe dopo la cacciata dalla Spagna, nel Centro-Nord le vicende sono più variegate. Le prime aperture al commercio dopo l’anno mille vedono una crescita della presenza ebraica nelle Repubbliche Marinare che si nota ancora oggi: non solo a Venezia, dove la giudecca accoglie i visitatori sin dal loro arrivo in laguna. A Pisa la zona di Sant’Andrea è rimasta nei secoli il quartiere ebraico, visto che qua si trovava il “Chiasso degli ebrei”. A Genova, uno dei segni resta nel palazzo Lomellini Patrone, eretto nel XVII secolo, dove il doge commissionò un suggestivo ciclo di affreschi su temi biblici, ispirati in particolare alla storia di Purim.
In tante città settentrionali gli ebrei si legarono ai comuni o alle corti, in cui in epoca rinascimentale ebbero anche una discreta fortuna, come a Ferrara con gli Estensi o a Parma sotto i Visconti e gli Sforza tra il XIV e il XV secolo. Tuttavia, soprattutto nelle città sotto lo Stato Pontificio, gli ebrei vennero relegati per periodi più o meno lunghi nei ghetti. Questo portò molti a migrare e a formare piccole comunità in cittadine limitrofe. Così avvenne per esempio nella bassa parmense in paesini come Fiorenzuola, Cortemaggiore, Fidenza, Busseto, Monticelli d’Ongina, Colorno e Soragna, dove ancora oggi resta una sinagoga di stile neoclassico, con soffitti completamente affrescati, nel cui edificio si trova anche il ‘museo ebraico Fausto Levi’. Per sfuggire al ghetto di Roma, istituito nel 1555, alcune famiglie si trasferirono nel borgo di Pitigliano, nel cuore della Maremma, ancora oggi noto anche come “Piccola Gerusalemme”: qui i visitatori possono ammirare la sinagoga in stile classico e i locali dove si svolgevano il mikvé, la macellazione rituale, il forno per il pane azzimo.
Le trasformazioni degli ultimi due secoli hanno notevolmente modificato gli scenari. Nel XIX secolo, il processo di emancipazione e l’urbanizzazione hanno provocato uno spostamento dai centri più piccoli verso le grandi città, dove ancora oggi si trovano le comunità più numerose. La Shoah poi ha drasticamente ridotto i numeri anche degli ebrei italiani. Oggi resta una notevole vivacità delle grandi comunità, a cui si affianca una valorizzazione dei luoghi meno noti. Ma alcune storie sono ancora da scoprire.