“Il frutteto” è romanzo di Benjamin Tammuz uscito in Italia con la casa editrice e/o. Lo scenario è il Mediterraneo, gli abitanti che lo abitano, i frutti che vi crescono e i profumi che da lì emanano. E più in particolare la Palestina, in cui lo scontro nella prima metà del Novecento si fa violento. La storia raccontata è quella di una famiglia, delle luci e delle ombre che la circondano. Al centro due fratellastri, Ovadia/Abdallah e Daniel, figli dello stesso padre ma di madre diversa: una ebrea e l’altra musulmana. I due giovani si ritroveranno anni dopo a Giaffa, tra problemi irrisolti e rancori mai sbiaditi. Poi c’è Luna, figlia di Mehemet Effendi, proprietario arabo del frutteto, in realtà figlia di una coppia di ebrei uccisa dagli arabi, che Mehemet Effendi salva e adotta. Daniel, che acquista il frutteto di Mehemet, prende in sposa la figlia adottiva. Poi c’è il figlio di Luna, del quale però non si sa chi sia il padre: Daniel o Ovadia?
Ma soprattutto chi è Luna? Donna muta e sorda che nessuno riesce a capire davvero.
Sullo sfondo dei fatti di questa trama complessa scorrono le tappe fondamentali della storia di Palestina: la Grande Guerra, il crollo dell’Impero ottomano, l’arrivo degli inglesi, l’epoca del Mandato Britannico e la Guerra d’Indipendenza.
É un romanzo allegorico, dove ogni personaggio svolge un ruolo preciso. Non a caso il vecchio padrone Mehemet è turco, Luna non si sa con certezza se sia ebrea o musulmana, Ovadia sceglierà di chiamarsi Abdallah, memore dell’ingiustizia e delle barbarie subite.
Il rapporto tra Daniel e Oviadia ricorda l’odio primordiale di Caino e Abele in lotta per la stessa terra e la stessa donna. Il frutteto – da qui il titolo del romanzo – sorge su una terra contesa piegata lungamente da siccità e divenuta poi rigogliosa e fertile. Simbolo ed epitome della storia di Palestina, questo libro ci ricorda la forza di una regione sulla quale due popoli si scontrano, teatro di pace, guerra e sofferenza. Buona lettura.