Dominatore incontrastato
della macchina organizzativa del regime e del partito, Benito Mussolini e’ ovunque.
La sua onnipresenza contribuisce, con i suoi riti e con i suoi simboli, ad
accrescere il culto del capo, al punto tale che le masse iniziano ad
attribuirgli qualita’ straordinarie, addirittura mitiche. Ma dopo l’affare
Matteotti, qualcuno, non piu’ abbagliato dal mito del Duce, iniziera’ a pensare
ad atti cruenti a danno di Benito Mussolini. Un tema approfondito dalla professoressa Alessandra
Tarquini, ospite di Paolo Mieli nel
nuovo appuntamento con “Passato e Presente” il programma di Rai
Cultura in onda sabato 11 maggio alle 20.30 su Rai Storia. Si parte dal 4 novembre
del 1925, quando Tito Zaniboni, ex deputato socialista progetta il primo
attentato contro il capo del governo,
sventato poco prima che si compia. Da
mesi l’attentatore e’ sorvegliato dagli agenti dell’Ovra. Anche il secondo
agguato, quello del 7 aprile del 1926, ordito
dall’anziana irlandese Violet Gibson, si rivela un insuccesso. La scia
degli attentati prosegue con un fallimento dietro l’altro. Da quello ordito
dall’anarchico Gino Lucetti, dell’11 settembre 1926 all’ultimo, quello piu’
grave, del 31 ottobre 1926 a Bologna,
attuato dal quindicenne Anteo Zamboni che,
individuato tra la folla, viene linciato dai fascisti. Questi quattro tentativi infruttuosi, in realta’,
non fanno altro che rafforzare
l’immagine del Duce, abilissimo nello sfruttarli agli occhi dell’opinione pubblica, fornendo
al regime l’occasione e il pretesto per
introdurre provvedimenti legislativi
repressivi – le leggi fascistissime – ispirati dal giurista Alfredo Rocco. In questo quadro di
inasprimento penale e costruzione del
regime totalitario, un ruolo di primo piano
lo avra’ l’istituzione del Tribunale Speciale.