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    Pieve di Cento, piccolo borgo ebraico dimenticato. Parte progetto di riqualificazione

    Tanti i borghi ebraici in Italia spesso dimenticati, ma con ancora interessanti potenzialità da recuperare. Come Pieve di Cento, un piccolo comune in Provincia di Bologna con circa 7mila abitanti. Un Centro Storico di significativa importanza artistica e culturale, in cui si sviluppò anche una presenza ebraica, le cui origini risalgono al tardo medioevo. Una piccola comunità che nei secoli conobbe alti e bassi: da una parte, periodi di fiorenti affari e di felice integrazione; dall’altra, anni di discriminazioni e vessazioni, fino all’estinzione nel XX secolo. Restano tracce importanti, oggi riscoperte grazie a un progetto di riqualificazione della Corte dei Liutai, area di botteghe al centro dell’antico quartiere ebraico, oggi abbandonato e difficilmente raggiungibile dai visitatori.

    Il primo premio del concorso “I violini del ghetto”, promosso con la collaborazione del Touring Club Italiano per questa riqualificazione, se lo è aggiudicato lo studio romano Aut Aut Architettura, con Jonathan Lazar responsabile di progetto e un team composto anche da Gabriele Capobianco, Edoardo Capuzzo Dolcetta, Damiano Ranaldi. Una squadra nata nel 2016 dalla volontà di quattro architetti under 35 di costituire una piattaforma aperta a molteplici collaborazioni e contaminazioni, con una progettazione improntata alla sostenibilità ambientale e all’aggregazione sociale.

    Nella cerimonia di premiazione sono intervenuti, tra gli altri, il sindaco di Pieve di Cento Luca Borsari, il presidente della giuria nonché presidente della Comunità ebraica di Bologna l’architetto Daniele De Paz, il professor Saverio Campanini, i rabbini rav Alberto Sermoneta e rav Luciano Caro, il musicista Enrico Fink.

    Il tema richiesto dal bando era lo sviluppo una risposta realistica, attenta alle dinamiche socio-culturali e allo spirito della città, per un’area aperta, verde, accogliente e confortevole, di passeggio e sosta, svago e condivisione di tempi e spazi. La giuria ha premiato un progetto che valorizza l’immagine storica e le origini del luogo e, allo stesso tempo, permette di renderlo fruibile dalla popolazione. In questo senso è stata avanzata la proposta di un “nuovo disegno urbano”, volto a incentivare la socialità quotidiana e manifestazioni straordinarie. Un potenziamento del verde che favorisca richiami simbolici alla storia del luogo, grazie anche a un albero dal frutto fortemente simbolico, il melograno, i cui chicchi nell’ebraismo propiziano la fertilità, rappresentano la coesione del popolo e si dice che siano 613, come i precetti della Torah.

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