Passato Purim si comincia la preparazione per Pesach e a farlo per tempo è stata la casa editrice Belforte che ha dato alle stampe una nuova Haggadah: un segno della vitalità della casa editrice e dell’editoria ebraica italiana capace ogni anni di proporre una nuova edizione per prepararci a Pesach – la Pasqua ebraica – con elementi di novità.
In questo caso è l’impianto stesso del libro che si legge la sera del Seder – la cena pasquale – che offre spunti di riflessione inconsueti e interlocutori tra loro inusuali. Alle pagine del rito si intervallano infatti spiegazioni, domande e alcune possibili risposte: in realtà Dario Coen, il rabbino Roberto Della Rocca e lo psicoanalista Alberto Sonnino si conoscono da molto tempo ed è lecito immaginare che di questi temi abbiano parlato a lungo, ora però hanno deciso di mettere tutto su carta e accompagnati dalle belle illustrazioni di Micol Nacamulli hanno dato sfogo a domande e a ipotesi di risposta in una nuova Haggadah: d’altro canto Pesach “è il momento in cui bisogna parlare, farsi domande e provare a rispondere – scrive Rav Riccardo Di Segni nella Prefazione – Chi non sa fare domande va stimolato”. E di domande questa nuova Haggadah ne stimola parecchie guidate, levate (a modo delle levatrici che nella storia della fuga dall’Egitto hanno un ruolo fondamentale anche se l’Haggadah non ne parla) insomma interrogativi proposti da Dario Coen, amico degli interlocutori e animatore instancabile di molte altre iniziative: “La festa di Pesach si chiama in tanti modi diversi, quale è la differenza tra questi significati?” è la domanda d’esordio di Coen e la risposta in questo caso è affidata al Rabbino Della Rocca. Poi Coen prosegue: “Il Chametz prima si cerca e poi si brucia. Perché va bruciato?”. La risposta di Della Rocca è nel solco di una tradizione approfondita e rinnovata “La ricerca del Chametz si fa la sera del 14 di Nissan (…) poi si elimina con il fuoco la mattina seguente. Come se dopo aver scandagliato con il lumicino i nostri residui negativi, dovessimo farli passare attraverso il fuoco, l’elemento che distrugge e non lascia tracce, ma anche l’elemento che maggiormente trasforma e purifica”. Parzialmente diversa è ovviamente la risposta dello psicoanalista Alberto Sonnino: “Per aprirci al nuovo, rinnovandoci, è necessario che sia prima espulso da noi stessi ciò che può rendere impuri. Nel chametz è rappresentato il segno dell’impurità, ma anche dell’inoperosità, dell’indugiare nella condizione di uomo non libero, disposto ad accettare la propria schiavitù. (…) A volte si è portati a credere che i rapporti più significativi possano mantenersi sani indipendentemente dalle nostre cure, ma l’esperienza insegna che se dovessimo trascurare l’educazione dei figli, questi potrebbero crescere come il chametz. Analogamente le relazioni affettive, quando non alimentate costantemente, andranno incontro ad un inesorabile impoverimento”.
Domande e risposte si inseguono – irrituali – nel testo tradizionale dell’Haggadah, con testo ebraico, traduzione italiana e traslitterazione. Tra le domande e risposte che conosciamo si intersecano quindi domande nuove e risposte diverse: a proposto del numero quattro che si ripropone nell’Haggadah (quattro i bicchieri, quattro i tipi di figli, quattro le domande del figlio più piccoli, e ancora e ancora): per il rabbino Della Rocca “Quattro è il numero perfetto, delle completezza. Non a caso è anche il numero delle matriarche, della nostra genealogia originaria…”. Per lo psicanalista Sonnino si tratta invece di “accettare una graduale progressione per arrivare alla realizzazione della condizione di popolo libero, comporta saper tollerare l’attesa per l’esaurimento dei desideri”.
La centralità della struttura domanda-risposta nella Haggadah è condivisa e ribadita da entrambi: Ma Nishtannà – il brano iniziale cantato dal più piccino – necessita di una risposta che tenga conto del tempo presente e passato ma che non preveda il futuro incatenando i figli ad un’interpretazione preconfezionata e chiusa ma piuttosto fornendogli strumenti di comprensione, spiega Della Rocca. “Analogamente – aggiunge Sonnino – anche nello sviluppo psicologico è necessario, affinché ci sia maturazione, saper differenziare il buono dal cattivo, il mondo interno dall’esterno, il bene dal male”.
Il dibattito- confronto prosegue lungo tutto il Seder, lo accompagna e ne fornisce una lettura che è insieme nuova e antica e arriva anche al rituale della rimembranza che si legge al termine. Per chi aspetta il canto dedicato al capretto per porre fine ad una serata importante ma anche lunga e impegnativa ha ancora da leggere la domanda di Coen e le due risposte di Della Rocca e Sonnino. Un’Haggadah insieme tradizionale e ricca di nuove domande e di nuove ipotesi di risposta.