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    Le parole d’odio e l’indignazione

    Preoccuparsi dell’odio mi pare lodevole, poi bisogna vedere quale scarto ci sia fra le parole ed i fatti. Quando degli israeliani, guarda caso, negazionisti o che flirtano col negazionismo, e che sostengono che lo Stato d’Israele debba essere espunto dalla mappa geografica, fanno tournées per festival ed atenei universitari, ci si domanda: questo è odio? Rientra in qualche norma? Oppure l’odio è soltanto quello che promana da destra?

    Sostenere una balla secondo la quale i dirigenti sionisti sarebbero stati complici, se non addirittura alleati di Adolfo Hitler, è odio o amore? L’odio rientra nelle fattispecie vietate dall’ordinamento giuridico? Dovrebbe esserlo o no? Forse rientra nel reato di diffamazione, di discriminazione?

    Perché bisognerebbe, prima di proporre norme o codici, domandarsi cosa si voglia, perché se si volesse, per avventura, fermarsi alla retorica, sarebbe bene considerare (brutalmente) che: a) a chiacchierare siamo buoni tutti e b) che se c’è un prodotto che possiamo esportare perché ne abbiamo fin sopra i capelli, questo è la retorica abbinata alle chiacchiere a vanvera: “Just a lot of talk and a badge” (Sei solo chiacchiere e distintivo) come diceva Robert De Niro a Kevin Kostner nel film “Gli intoccabili”.

    I discorsi d’odio, per esempio, sono stati affrontati da Irene Spigno, in un suo volume (Discorsi d’odio – Modelli costituzionali a confronto, Giuffrè, 2018), dove troviamo (anche) il diritto internazionale, il diritto comparato, i diversi modelli reattivi, e così via. Si tratta di una materia complessa, perché in precario equilibrio fra protezione delle vittime e libertà d’espressione, e quindi la materia non può (e non deve) essere liquidata con soli discorsi moralistici, altrimenti si recherebbe nocumento ai diritti umani.

    L’intero discorso, peraltro, non può essere disgiunto dal retroterra culturale e, come abbiamo già scritto, dall’atteggiamento dei mass media. Sappiamo quali sono i mass media che, facendo riferimento a Israele, informano prima della reazione della vittima a caratteri cubitali e solo dopo dedicano un cenno generico all’aggressione. Questo è un atteggiamento menzognero ed una fucina d’odio allo stato puro, ma non è verosimile che venga mai smascherato (e certamente non pensiamo ad alcuna sanzione).

    Siamo sicuri che l’opinione pubblica sia stata bene informata? Come mai dilaga l’antisemitismo se i mass media informano correttamente? Come mai i testi sacri vengono spesso divisi fra una parte negativa (la Bibbia) ed una buona (i Vangeli) senza domandarsi perché, se così è, non si faccia capo a Marcione? Insomma, limitarsi all’indignazione è molto facile, ma poi tocca  mettersi a studiare.      

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