Israele viene accusato di apartheid; qualche anno addietro, chiesi e ottenni dalla responsabile Esteri del PD, la dichiarazione che ciò non era vero, e la pubblicai su una testata ebraica. Ne sono grato, beninteso. Nondimeno, mi interessa soffermarmi sull’importanza dell’accusa di apartheid e, segnatamente, su quanto essa riveli non sull’accusato, bensì sull’accusatore. Cosa diremmo dell’apartheid, laddove è nato (come lo rivela la lingua in cui è espresso, ossia l’afrikaans) se la popolazione di colore fosse stata non solo discriminata, ma addirittura espulsa dal territorio nazionale? Ebbene, questa è stata la sorte degli ebrei nei paesi arabi nel 1948, dove la subordinazione era connotata da un termine non lontano dall’apartheid: quello di dhimmi. In Israele, invece, la popolazione araba gode, notoriamente, di pari diritti. Quanto a Gaza, Israele da un ventennio circa si è ritirata in modo unilaterale e in Cisgiordania le analoghe proposte sono state (stranamente) oggetto di innumerevoli rifiuti da parte dell’OLP, dove la ‘l’ sta per liberazione. Eppure non è parsa, l’OLP, così ansiosa di liberarsi, per nostra disgrazia.
Parliamo invece dell’apartheid in Italia, subìto da chi sostiene la causa di Israele. Le grandi case editrici tendono a non pubblicare libri a favore di Israele, ma soltanto o soprattutto, quelli contrari. Troviamo qualche eccezione, però mai o pressoché quando si tratta di autori italiani. Certo, la linea divisoria fra libri a favore e libri contro può essere sia sottile che ambigua. Tuttavia, alcuni dati sono di un’evidenza solare. Ad esempio, alcune librerie facenti parte di grandi ‘catene’ editoriali, espongono degli scaffali con le pubblicazioni sulla guerra in corso, senza alcun pudore, visto che tutti i libri esposti sono ‘contro’. In alcune pubblicità di libri, anche a pagina intera dei quotidiani, vi è chi si fa vanto della ricerca della verità, senza porsi il problema che si tratta soltanto di libri ‘contro’, alcuni dei quali fanno saltare dalla sedia per i criteri prescelti. Come da mia consuetudine, ho interloquito con qualche editore, trovando sia grande gentilezza sia una ferrea volontà di opporsi a qualsiasi riequilibrio. Spero che il lettore abbia la compiacenza di notare che tutti i libri pubblicati da ‘pro’ sul 7 Ottobre recano il marchio di piccolissime case editrici, che non arriveranno mai in libreria. Delle due l’una: o gli autori sono masochisti oppure le grandi case editrici fanno muro ‘contro’. Scrivo queste righe con la speranza che cambino indirizzo: aiutatemi pure voi.
Se andiamo ai manuali scolastici, giorni addietro lessi con raccapriccio che Israele era stata invasa nel 1948 dagli eserciti dei Paesi arabi allo scopo: a) di costituire uno Stato palestinese e b) di limitare le mire espansionistiche israeliane. Peccato che lo scopo vero fosse quello di sopprimere sul nascere lo Stato d’Israele, nato da e con la Risoluzione ONU 181/1947, preferibilmente con tutti i suoi abitanti. Visto che Cisgiordania e Gaza rimasero nelle mani arabe per quasi vent’anni, perché non vi hanno costituito lo Stato palestinese cui, secondo l’autore, tenevano tanto? Quanto alle mire espansionistiche, sono una falsità, perché Israele aveva accettato la predetta Risoluzione ONU che pure gli aveva attribuito uno spazio davvero minuto.
Se poi esaminiamo la situazione nelle reti televisive, manca quasi sempre il contraddittorio. Ecco alcune perle di un’infinita collana televisiva: l’attacco del 7 ottobre avrebbe avuto come bersaglio gli insediamenti dei coloni, mentre come sappiamo riguardava i kibbutzim in Israele, oppure: le Comunità della Diaspora non vorrebbero convivere coi palestinesi. Il problema è che: a) non si tratta di casi isolati, ma è la regola e b) si tratta di affermazioni puntualmente corrive, giusto per non dire folli. Prego notare che il contraddittore non c’è quasi mai.
Sulle riviste di politica e geopolitica, inoltre, trovo attacchi alla definizione IHRA di antisemitismo, adottata in tutto il mondo, spinta dall’Unione europea in tutti i modi e che da noi è rimasta lettera morta. Se volessi scriverne a favore, basterebbe uno sciopero della fame? In conclusione: a) quasi tutti i più importanti mezzi di comunicazione sono pesantemente sbilanciati contro Israele, b) non vi è da meravigliarsi che l’opinione pubblica sia colpita da un’ondata che prima era contro Israele e che ora inizia a varcare la linea rossa e prende di mira addirittura le Comunità ebraiche e finanche la religione ebraica. Se volessi dire tutto questo in TV chi mi ospita? Per ora la mia risposta, istintiva e quindi fallibile, sarebbe: nessuno.