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    La generazione del deserto: un libro di storia e di memorie

    Ieri sera si è tenuta su ZOOM la presentazione del libro “La generazione del deserto, storie di famiglia, di giusti e di infami durante le persecuzioni razziali in Italia”, di Lia Tagliacozzo. La Presidente della comunità ebraica di Roma Ruth Dureghello è intervenuta ricordando l’importanza della vigilanza quando si parla di antisemitismo. “Il modo migliore per affrontare le sfide che esso pone è fare leva sulla memoria e sul ricordo di ciò che è stato. Si potrebbe partire dal tema delle generazioni, dalla persecuzione e dalla sottrazione degli affetti che hanno lasciato un segno indelebile nelle generazioni del dopo”.

    Dopo i saluti istituzionali di Mario Venezia, Presidente della Fondazione Museo della Shoah, è intervenuto lo storico Amedeo Osti Guerrazzi riguardo la complessità del libro e il risentimento che trapela in alcune sue pagine.

    “L’unica cosa che potevo scrivere – risponde l’autrice – era un libro di memorie della mia famiglia, e la complessità deriva da un’onestà intellettuale. Tutti sanno che storia e memorie sono facce della stessa medaglia, ma stavolta forse è un po’ diverso perché racconto la storia della mia memoria, che influenzandomi si rivela un dato del presente, non del passato (…). Il risentimento c’è solo in parte, forse quando racconto di come mio nonno è stato catturato per una spiata di un amico, portato a Via Tasso e poi a Regina Celi fino a quando non è stato messo sul convoglio per Fossoli (…). Parlare di storia vuol dire anche raccontare del lattaio sotto casa, del tabaccaio di fronte, di tutti, nessuno escluso (…). L’interrogarsi deve essere costante, deve riguardare i piccoli snodi della vicenda e analizzare la singola storia per ciò che è. Questo libro intende parlare degli ebrei e di ciò che accade intorno a loro. (…) Si può forse fare la storia della memoria della Shoah senza ricordare il contesto all’indomani della guerra? 

    Laddove gli ebrei sembrerebbero testimoni evidenti di un’ingiustizia, di un’omertà della società italiana nei loro confronti, Lia controbatte ricordando che la memoria crea imbarazzo e difficoltà. L’unico antidoto che può vincere entrambi è il lavoro sulla responsabilità individuale e collettiva della generazione del dopo. Una storia di coraggio e silenzi dalla quale abbiamo tutti ancora tanto da imparare. 

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