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    La famiglia Klopfer, ritratto di una famiglia

    Pubblicato
    frammentariamente nel primo dopoguerra e profondamente rivisto nel 1949 alla
    luce della tragedia nazista, “La famiglia Klopfer” torna nelle librerie italiane
    grazie alla casa editrice Giuntina. Arnold Zweig in questo breve romanzo, che
    ha tutta l’aria della saga familiare, riflette sul rapporto padre/figli e sulle
    continuità e discontinuità che si presentano tra una generazione e l’altra. È
    Peter Klopfer la figura centrale: genitore e scrittore, tormentato e fragile.
    “Non aveva paura degli esseri umani, aveva solo paura dell’indistinto che
    percepiva con un’immaginazione sgradevolmente fervida. Nutriva timore, senza
    motivo; altri venivano attratti dalla luce, lui dalla paura. Aveva, al riguardo
    una spiccata sensibilità”. Questo è il ritratto delineato dal figlio Heinrich
    che richiama la psicanalisi per comprendere meglio alcuni tic familiari. Nelle
    prime pagine Zweig ricostruisce con rapide pennellate la storia popolare degli
    antenati: il nonno Heinrich, il sellaio più bravo della città, era il più
    sensibile e raffinato di quattro fratelli ma anche il più vulnerabile e
    inadatto ad affrontare la vita. E ancora Karl, apprendista idraulico che si
    sarebbe arruolato nella fanteria se la madre non avesse dimostrato ai membri
    della commissione di leva che, rispetto al re di Prussia, ad avere maggiormente
    bisogno del figlio era lei. E molti altri di cui Heinrich nipote racconta con
    sarcasmo e nostalgia; con gli occhi puntati sul passato sperando così che il
    legame con l’ebraismo, di cui il padre lo aveva privato, possa finalmente
    riemergere.

     

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