Norimberga,
1933. Lehmann Kaufmann vive un’esistenza mesta e desolata. Arriva una lettera da
parte del migliore amico Kurt con cui chiede aiuto per la figlia Irene ormai
stabilitasi a Norimberga. In questo romanzo, scaturito 19 anni fa dalla lettura
alcuni saggi storici, Giovanni Grasso racconta la storia del signor Kaufmann e
di Irene, alterego di due persone realmente vissute. Lui uno stimato
sessantenne commerciante ebreo oramai vedovo e presidente della comunità di
Norimberga, lei una determinata ventenne ariana con la passione per la
fotografia. Alcune finzioni accompagnano fatti reali come l’arresto, il
processo e la sentenza dei due protagonisti con l’accusa di inquinamento
razziale. Ha inizio così una lunga trafila processuale che vede
l’iniziale vittoria di Leo e Irene. Fa da sfondo a questa storia tanto
coinvolgente quanto tragica la Germania degli anni ’30, tra l’idiozia di una
burocrazia cieca dove l’ebreo è punito in quanto ebreo perché per natura
parassita e il pettegolezzo insano. Una portinaia incattivita dalle legge
laziali e un vicino di casa nazista che vive di espedienti sono i
personaggi che più incarnano questa mentalità sprezzante che di umano sembra
non avere più nulla.