Chi è Jacob Alpron? Il figlio di Elchanan avrebbero detto alcuni secoli fa i frequentatori della comunità ebraica di Cremona; discendente di una delle famiglie dei sacerdoti sopravvissute alla distruzione del Tempio di Gerusalemme per opera dei Romani aggiungono le fonti. Nel libro “L’ultimo traduttore, Jacob Alpron tra yiddish e italiano” Pia Settimi ricostruisce la storia di questo personaggio un po’ timido e misterioso e di alcune sue traduzioni. Jacob era un erudito che per mantenersi insegnava i rudimenti di ebraico e yiddish ai figli di alcune ricche famiglie ebraiche dell’Italia del nord e che, a differenza di alcuni suoi colti contemporanei, intuì lo iato che il passaggio dal Cinquecento al Seicento avrebbe significato. Le traduzioni di alcuni testi dall’ebraico all’yiddish e da questo all’italiano ne sono testimonianza, come quella delle Mizwot ha-Nashim che potevano finalmente venir lette anche da un pubblico femminile a cui era stato precluso, se non in teoria, certamente nei fatti, lo studio della lingua ebraica.
Una scelta che molti ebrei colti, soprattutto rabbini, non accolsero positivamente ritenendo che quanto era stato scritto in ebraico, tale dovesse rimanere. Alpron però, immerso nella realtà italiana in piena epoca post-rinascimentale comprese subito che il mondo era destinato a cambiare, se non subito alcuni secoli dopo. L’introduzione ai “Precetti per le donne” – Venezia 1607-1616 ci ricorda: “l’huomo senza la Donna sarebbe cosa tronca e imperfetta e che habbiamo al capitolo secondo ove disse Dio non è buono l’huomo esser solo, facciamoli un aiuto simile à se; del che si comprende la Donna esser simile all’huomo in dignità e perfezione.” Ecco, forse dovremmo rammentarlo più spesso.
Marta Spizzichino