Israel Zangwill ci ha regalato racconti verosimili
ed espressivi, che da 15 vividi ritratti di una parabola umana dolorosa
diventano pezzi di letteratura. Le storie raccontate nel libro “I
sognatori del Ghetto” raccontano di ebrei europei rinchiusi per secoli in
luoghi angusti e sporchi, tra Venezia, Londra, Roma, Amsterdam e altre città.
L’ebreo è ora colui che, come tutti gli altri, può essere tanto sublime quanto
misero, non per forza trafficante di denaro e di merci e non sempre taccagno o
intelligente. I personaggi immaginari sono fanciulli che guardano di notte le
cupole veneziane, che escono dal perimetro del ghetto per scoprire il mondo lì
fuori da cui talvolta rimangono abbagliati. Israel Zangwill è scrittore,
pacifista e sionista che affronta temi complessi e moderni, coniatore
dell’espressione “Meltin pot”, descrittore acuto e ironico morto troppo presto,
all’età di 62 anni. É la Londra multiculturale il Meltin pot cui pensava, una
serie di quartieri adiacenti ognuno con le proprie peculiarità e non sempre
disposti a influenzarsi l’un l’altro. Dove si situa l’ebreo? Anche lui è
impermeabile agli influssi esterni? Io ho sempre pensato il contrario. Se
cammino per le strade di Trastevere e guardo gli ebrei che le abitano mi trovo
in difficoltà perché mi è difficile dare un nome un nome a ciò che vedo. E
allora me ne vado e rifletto: sono esempi di multiculturalismo o forse ancor di
più di interculturalismo?