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    I CARABINIERI E GLI EBREI. UNA NARRAZIONE STORICA DIMENTICATA

    I carabinieri continuano, giustamente, a ricordare alla cittadinanza come “I tedeschi, che come da ordini ricevuti da Berlino si apprestavano a rastrellare il ghetto di Roma per deportarne gli abitanti, avevano bisogno di avere mano libera per condurre in porto l’operazione senza particolari impedimenti. Per questo, come confermato da autorevoli studi storici, il comandante della Gestapo romana, Herbert Kappler, si pose il problema di neutralizzare i Carabinieri, ancora armati e, a Roma, in gran numero al loro posto, per garantire la sicurezza pubblica. Il 7 ottobre 1943, di primo mattino, paracadutisti tedeschi e SS circondarono le principali caserme dell’Arma della Capitale, bloccando all’interno i Carabinieri che, ignari, attendevano alle loro occupazioni quotidiane, quasi sempre senza l’immediata disponibilità delle armi (…) Dei Carabinieri in servizio nella Capitale oltre 2 mila, forse 2.500 (il numero è incerto dal momento che i tedeschi bruciarono tutti gli archivi delle caserme dell’Arma occupate), furono però catturati e rinchiusi (…). Il giorno dopo i militari trattenuti vennero avviati alle stazioni ferroviarie Ostiense e Trastevere e fatti salire su treni merci diretti a Nord (..) deportati in campi di lavoro o di internamento in Austria e in Germania, allora unite nel Terzo Reich nazista, o in Polonia, da dove oltre 600 non tornarono più e gli altri riuscirono a fare ritorno soltanto dopo due anni circa di fatiche, sofferenze e stenti, nemmeno riconosciuti come prigionieri di guerra. Il 16 ottobre, otto giorni dopo, messi fuori gioco i militari dell’Arma, centinaia di cittadini ebrei italiani furono catturati in tutta Roma e in particolare nel ghetto, in via del Portico di Ottavia. 1023 di loro furono avviati ad Auschwitz: sappiamo che tornarono in 16, 15 uomini e una donna.”

    La narrazione corrente mette in luce soprattutto il ruolo dei partigiani e, al suo interno, non sempre menziona il ruolo dei c.d. partigiani bianchi, come Guido Pasolini e Francesco De Gregori (fratello e zio del poeta/regista e del cantautore), trucidati dai partigiani comunisti.  Eppure, una narrazione completa, che includesse più spesso il brano sopra riportato, farebbe un gran bene all’Italia e agli ebrei. Intendiamoci, ciò non basta per gettare ombre sui partigiani rossi e sul loro riconosciuto eroismo, semmai per quelli che poco tempo fa, in un gesto di pessimo gusto, hanno chiamato a parlare un palestinese al posto di un ebreo nel Giorno della Memoria.  

    I partigiani hanno riscattato l’onore dell’Italia, ma il loro ruolo fondamentale va iscritto nel contesto più vasto della storia del periodo; per esempio, il loro ruolo non toglie nulla alle responsabilità dello Stato nei riguardi degli ebrei, i quali non sono stati mai risarciti, se non con qualche magra pensioncina. La Germania, invece, si assunse una responsabilità patrimoniale notevole. Certo, se avessimo rivendicato qualcosa, si sarebbe detto che gli ebrei sono avidi, e quindi, il tutto è passato in cavalleria. Ormai, però, che i superstiti vengono a mancare, è il caso di rammentarlo. Perché, nel caso che ci occupa, non si parla più spesso dei seicentomila internati militari italiani? Se lo si facesse, ci sarebbero meno geni ad elogiare il regime fascista. La storia, da noi, è un campo di battaglia, e chi ci rimette è sempre e soltanto la verità.

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