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    Giornalisti: Dureghello, politica senza risposte crea odio

    “Quando la politica e’ incapace di dare delle risposte utilizza le parole in forma di propaganda, in forma di minaccia per generare sentimenti divisivi, per creare odio, differenze e distinzioni fondate esclusivamente sulla cattiva informazione e su messaggi trasmessi in maniera non corretta e su una visione totalmente parziale e non onesta di quello che ci circonda”. Lo ha detto la presidente della Comunita’ ebraica di Roma, Ruth Dureghello, intervenendo lo scorso 3 maggio ad un evento organizzato dalla Federazione Nazionale della Stampa Italiana, in occasione della XXVI Giornata mondiale della liberta’ di stampa. “Stiamo vivendo – ha aggiunto – in un contesto sociale in cui alcuni valori fondanti per la dignita’ dell’uomo e che dovrebbero essere ineluttabili nella societa’ vengono messi gravemente in pericolo. Cio’ accade perche’ la parola, che dovrebbe essere inattaccabile e priva di qualsiasi strumentalizzazione, diventa mezzo per muovere le coscienze, diffondere l’odio e generare la violenza. Queste parole che vogliono trasmettere messaggi di odio si alimentano poi sui social con una velocita’ incontrollabile e incontrollata, dal momento che mancano le leggi che le possano gestire. Anche in questo caso emerge un’incapacita’ della politica di controllare e di mettere degli argini”. Secondo Dureghello “e’ il momento di metterci la faccia e capire cosa si puo’ fare e cosa non si puo’ fare. In un momento di crisi sociale, di coscienze, e di valori, il bersaglio piu’ facile da attaccare e’ il diverso”. La presidente Dureghello, durante l’evento, ha aderito e firmato la Carta di Assisi: il manifesto internazionale contro i muri mediatici e l’uso delle parole, presentata nella sede della Federazione con lo scopo di salvaguardare la buona informazione e il linguaggio improntato al rispetto, alla veridicita’ e alla responsabilita’. “Se non ci fossero occasioni come queste – ha concluso Dureghello – che permettono di parlare e di raccontare tutto cio’ che e’ stato e tutto cio’ che ci troviamo ad affrontare con senso di responsabilita’, non sarebbe facile scegliere di continuare a impegnarsi e peggio ancora di rimanere in questo Paese. Gli ebrei italiani, e in particolare quelli romani, non vogliono fare la fine di quelli francesi che sono stati costretti ad andarsene. Ma c’e’ bisogno di azioni e di fatti concreti”. 

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