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    Giorgio Napolitano, un amico del popolo ebraico

    Il nome di Giorgio Napolitano è legato per la comunità ebraica a quello di Stefano Gaj Taché. Fu lui il primo presidente a iscrivere il bambino di due anni ucciso nell’attentato alla sinagoga il 9 ottobre del 1982 nelle liste delle vittime di terrorismo. “Incontrai il presidente Giorgio Napolitano per la prima volta nel 2012, per il trentesimo anniversario dell’attentato al Tempio”, racconta Gady Taché a Shalom, il fratello del piccolo Stefano, anch’egli ferito nell’attentato. “In quel periodo avevo iniziato da poco a parlare della mancanza di Stefano nella lista delle vittime italiane del terrorismo. Come se Stefano non fosse considerato un bambino italiano. Per me, la mia famiglia e per la comunità ebraica questa era una mancanza inaccettabile. Il presidente Napolitano venne in Sinagoga per la commemorazione dell’anniversario e mi comunicò ufficialmente l’inserimento di mio fratello”, ricorda Gady. “Fu un riconoscimento molto importante per tutti noi. Finalmente la morte di Stefano non era vista come una tragedia solo ebraica ma una tragedia italiana. Giorgio Napolitano fu il primo presidente a riconoscere questo ma non solo fu anche il primo presidente a riconoscere pubblicamente nell’antisionismo una delle maggiori espressioni dell’antisemitismo. Per questo gli sono riconoscente”. E in quell’occasione Napolitano consegnò a Gady la medaglia d’oro a ricordo di Stefano Gaj Taché.

     

    “Con la morte del Presidente emerito Giorgio Napolitano scompare un protagonista politico e istituzionale del nostro Paese e della nostra storia”, il messaggio del presidente della comunità ebraica di Roma Victor Fadlun. “Da statista e garante della Costituzione, non ha mai fatto mancare il suo impegno nella tutela dei valori democratici e dei diritti delle minoranze. Con lui se ne va un servitore dello Stato e un fermo punto di riferimento per tutti. Le sue parole e il suo agire rimarranno un faro per le future generazioni”, prosegue Fadlun. La Comunità Ebraica di Roma si unisce all’unanime cordoglio per la sua perdita”.

    “Profondo cordoglio” per la scomparsa di Giorgio Napolitano, “personalità da sempre vicina al popolo ebraico e allo Stato di Israele”, esprime la presidente dell’Ucei, Noemi Di Segni, a nome delle 21 Comunità Ebraiche e di tutti gli Ebrei italiani. “Nel gennaio del 2007, nel corso delle iniziative per il Giorno della Memoria, l’allora capo dello Stato Giorgio Napolitano – ricorda Di Segni – lanciò un appello inequivocabile per combattere ogni forma di antisemitismo, compreso l’antisionismo. Un intervento allora lungimirante, non scontato, ribadito in diverse occasioni e apprezzato dal mondo ebraico. Un mondo con cui Napolitano ha coltivato una solida amicizia ben prima di diventare Presidente della Repubblica (2006-2015) e senza mai una pausa, fino all’ultimo giorno. L’ebraismo italiano perde oggi un amico, una figura insostituibile, un esempio di coerenza per il nostro Paese”.

    Molte le occasioni in cui Napolitano ha espresso vicinanza alla comunità ebraica come, per esempio, durante le celebrazioni dei 70 anni della deportazione del 16 ottobre. Il presidente della Repubblica è presente alla commemorazione al Tempio di Roma insieme ai vertici della comunità e al rabbino capo Riccardo Di Segni. Non manca poi la denuncia dell’antisemitismo il 27 gennaio 2014 durante la Giornata della Memoria quando delle teste di maiale mozzate sono recapitate alla sinagoga di Roma. “Lasciate innanzitutto – dice il presidente all’inizio del suo discorso – che io sbarazzi subito il campo dalla miserabile provocazione che è stata appena tentata contro tutti noi. Gli autori, che spero possano essere rapidamente individuati, di un insulto assimilabile solo alla stessa ripugnante materia usata in quei pacchi, non hanno nulla a che vedere con la Roma e i romani che per sentimento umano e civile, consapevolezza democratica, educazione e cultura, sono fraternamente accanto agli uomini e donne di origine e religione ebraica, stringendosi ad essi in un abbraccio di solidarietà e in un impegno di lotta rigorosa contro ogni forma di antisemitismo”.

     

    C’è anche il rapporto con lo stato d’Israele, quando riceve il presidente Shimon Peres al Quirinale nel 2007 o alla vigilia di un viaggio il Libano nel 2009: “Anche quando le decisioni del governo di Israele possono risultare controverse – disse Napolitano – deve restare netta la distinzione tra ogni critica, sempre possibile, all’operato di chi di volta in volta guida Israele, e la negazione, esplicita o mascherata, per esempio come antisionismo, delle ragioni storiche dello Stato di Israele, del suo diritto all’esistenza e alla sicurezza, del suo carattere democratico”.

     

    “Memore del passato – aggiunge il presidente – l’Italia respinge con forza i proclami di quanti ancora si levano ad invocare scenari di morte e distruzione di Israele. Le aberrazioni di quella Shoah di cui qualcuno vorrebbe occultare la tragica storia, non debbono mai ripetersi in nuove forme di persecuzione, fino al genocidio, in nessuna parte del mondo”.

     

    E nel maggio del 2011 quando si reca in Israele, gli viene conferito all’università di Tel Aviv il premio Dan David. Nella motivazione si legge che “nell’attuale clima politico italiano a tratti caotico, egli è un faro di ragionevolezza, moderazione, valori democratici e tolleranza, ammirato e rispettato dai membri di tutti i partiti e di tutte le convinzioni”.

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