Milano, 27 mag. (AdnKronos Salute) – Nei fiumi del mondo scorrono concentrazioni di antibiotici che arrivano a superare anche di 300 volte le soglie ritenute sicure dall’Amr Industry Alliance, coalizione privata impegnata contro la minaccia dei superbatteri invulnerabili ai farmaci. A lanciare l’allarme per il ruolo che questa presenza potrebbe giocare nell’alimentare l’antibiotico-resistenza è un maxi studio – per gli autori il più grande mai realizzato – protagonista di due presentazioni al meeting della Setac-Società internazionale di chimica e tossicologia ambientale (27-28 maggio, Helsinki, Finlandia).
La ricerca, coordinata **dall’università di York (Gb)**, ha misurato i livelli di 14 antibiotici di uso comune in 711 siti lungo i fiumi di 72 Paesi nei 6 continenti. Fra i corsi d’acqua testati alcuni dei principali del pianeta: dal Chao Phraya in Thailandia fino al nostro Tevere, passando per Mekong, Tigri, Tamigi, Senna e Danubio. Uno sforzo senza precedenti – sottolineano gli scienziati – con 92 kit distribuiti a tutti i partner coinvolti che hanno prelevato i campioni, li hanno congelati e inviati all’ateneo di York per le analisi.
Il metronidazolo, utilizzato per trattare infezioni batteriche fra cui malattie della pelle e della bocca, è risultato l’antibiotico con le concentrazioni più eccedenti rispetto a quelle di sicurezza che in un sito del Bangladesh sono state superate di 300 volte. L’antibatterico che più spesso ha oltrepassato i livelli sicuri (in 51 dei siti esaminati) è stata invece la ciprofloxacina, usata per la cura di diverse patologie. L’antibiotico più presente (307 siti) è stato infine il trimetoprim, impiegato contro le infezioni del tratto urinario. Complessivamente, una contaminazione da antibiotici è stata riscontrata nel 65% dei siti valutati.
Le soglie di sicurezza – che a seconda dell’antibiotico possono andare da 20 a 32 mila nanogrammi per litro (ng/L) – sono state superate più di frequente in Asia e in Africa, riferiscono gli studiosi. Ma anche in siti d’Europa, Nord America e Sudamerica sono state scoperte concentrazioni preoccupanti, specchio di quello che i ricercatori definiscono “un problema globale”. Nel Tamigi e in uno dei suoi affluenti a Londra, per esempio, sono stati rilevati livelli totali di antibatterici pari a 233 ng/L, mentre in Bangladesh erano 170 volte maggiori.
In Bangladesh, Kenya, Ghana, Pakistan e Nigeria si concentrano i siti con livelli di antibiotici nei fiumi più alti rispetto alle soglie considerate sicure. In ambito europeo, invece, la ‘maglia nera’ va a un sito in Austria. Dalla rilevazione emerge in generale che i siti più a rischio di contaminazione da farmaci antibatterici sono tipicamente quelli adiacenti ai sistemi di trattamento delle acque reflue e alle discariche di rifiuti o liquami, nonché quelli in aree di scontro politico come il confine Israele-Palestina.
John Wilkinson del Dipartimento di Ambiente e Geografia dell’università di York, coordinatore del lavoro, sottolinea come ad oggi nessun altro studio sia stato condotto su così larga scala e su tanti antibiotici: “La nostra ricerca – dice – aiuta a colmare una lacuna di conoscenze chiave, grazie a dati da Paesi mai monitorati prima”. Per Alistair Boxall, Istituto per la sostenibilità ambientale dell’ateneo Gb, “i risultati sono piuttosto preoccupanti. Molti scienziati e responsabili politici riconoscono il ruolo dell’ambiente nel problema della resistenza antimicrobica”, e ora “i nostri dati mostrano che dalla contaminazione antibiotica dei fiumi potrebbe arrivare un importante contributo. Risolvere il problema sarà una grande sfida – ammonisce l’esperto – e richiederà investimenti nelle infrastrutture per il trattamento di rifiuti e acque reflue, una regolamentazione più severa e la pulizia dei siti già contaminati”.