di Sara Milano
In occasione della Giornata della Memoria, la Fondazione Museo della Shoah ha inaugurato a Roma la mostra “Dall’Italia ad Auschwitz”, a cura di Sara Berger e Marcello Pezzetti, con la presenza di Mario Venezia, Presidente della Fondazione, Virginia Raggi, Sindaca di Roma, Giovanna Pugliese, Assessore Turismo e Pari Opportunità della Regione Lazio, Noemi Di Segni, Presidente dell’Unione delle Comunità Italiane, e Massimo Finzi, Assessore alla Memoria della Comunità Ebraica di Roma.
In attesa di poter aprire le porte al pubblico nelle prossime settimane, l’esposizione è stata presentata in diretta streaming con la partecipazione di molti altri ospiti tra cui Tatiana Bucci, deportata da bambina ad Auschwitz insieme alla sorella Andra. «Avevamo sei e quattro anni quando siamo state deportate, quindi molte cose le abbiamo capite veramente solo dopo, crescendo. Ho capito di essere ebrea lì, a Birkenau, perché avevo sentito che la maggior parte di noi erano ebrei. E nella testa di bambina di sei anni avevo pensato “beh, questo vuol dire che noi ebrei dobbiamo avere questa vita”. È un ragionamento strano, ma i bambini ragionano a modo loro e molte volte gli adulti, ancora oggi, non tengono conto di quello che pensano i bambini e invece dovrebbero». Nel suo racconto è un continuo susseguirsi di ricordi del passato e riflessioni su accadimenti di un presente di cui non bisogna dimenticare che siamo responsabili. «Noi siamo riuscite a sopravvivere», continua Tati Bucci, «siamo passate per Praga – in Cecoslovacchia, come si chiamava all’epoca – abbiamo cominciato a scrivere in ceco, pensate… avevamo dimenticato l’italiano… Poi arriviamo in Inghilterra, per noi era il paradiso, la nostra vita è ricominciata; e poi lì mamma e papà ci ritrovano, facciamo ritorno in Italia e un po’ alla volta la vita ricomincia».
La mostra presenta la storia delle persone arrestate in Italia tra il 1943 e il 1944 e deportate ad Auschwitz-Birkenau. Grazie ad approfondite ricerche storiografiche, propone nuovi studi sulle date di partenza dei trasporti e sul numero dei deportati. Viene evidenziata non solo la presenza di ebrei nei convogli, ma anche di rom, uomini e donne, e di quanti furono deportati per ragioni politiche. Inoltre, documenti originali, fotografie, disegni e altri materiali di archivio danno voce alle storie individuali delle vittime, sia tra i “sommersi” sia tra i “salvati”.
«Per comprendere cosa è stato della deportazione dall’Italia ad Auschwitz abbiamo fatto per la prima volta un lavoro in collaborazione tra i centri studi del mondo ebraico e quelli della deportazione politica», spiega il curatore Marcello Pezzetti. «Siamo fieri di questo anche in vista della realizzazione del memoriale che sarà allestito dal Governo italiano nel Blocco 21 di Auschwitz».