La parashà di Vaykrà è la prima dell’omonimo libro
della Torà. In italiano questo libro è chiamato Levitico perché tratta delle
mansioni dei kohanìm, che erano la
famiglia prescelta nella tribù di Levi a presentare le offerte al Bet Ha-Mikdàsh. Negli scritti
tradizionali il libro di Vaykrà è
denominato Toràt Kohanìm,
l’insegnamento per i kohanìm.
L’argomento dei korbanòt (sacrifici), al quale è
dedicato il libro di Vaykrà, è
menzionato dal Maimonide (Cordova, 1038-1204, Il Cairo) in varie sezione
del suo Mishnè Torà. Nel Sèfer ‘Avodà, (Hilkhòt Me’ilà, 8:8) il Maimonide scrive: “È opportuno studiare
bene le leggi della santa Torà e cercare di comprenderle a fondo per quanto sia
possibile. E non bisogna prendere alla leggera gli argomenti sui quali non si
riesce a trovare un motivo e non si sa la causa […] e non bisogna pensare che
siano come le cose mondane. […] Le mitzvòt
che il Santo Benedetto ci ha decretato non vanno prese alla leggera se non
riusciamo a conoscerne i motivi […]. I
mishpatìm (leggi) sono le mitzvòt
i cui motivi sono evidenti e i benefici della loro osservanza sono noti, come
la proibizione del furto, dello spargimento di sangue e l’obbligo di onorare i
genitori. E i chukìm (decreti) sono
le mitzvòt i cui motivi sono
sconosciuti […] come per esempio la proibizione di consumare carne suina, la
proibizione di carne e latte ecc. […]. Tutti i sacrifici (korbanòt) fanno parte del gruppo dei
decreti […].
R. Yosef Shalom Elyashiv (Lituania, 1910-2012, Gerusalemme) in Divrè Aggadà (P. 198-9) fa notare che i
decreti, come la proibizioni di mangiare carne suina e i korbanòt, entrarono in vigore dopo la rivelazione del Sinai, quando
gli israeliti ricevettero le mitzvòt della
Torà. E questi decreti furono destinati solo al popolo d’Israele e non ai
Noachidi. Prima di ricevere la Torà non vi erano decreti per gli israeliti.
Tuttavia i sacrifici (korbanòt)
esistevano anche prima del Sinai e non solo presso gli israeliti ma anche
presso i gentili. Infatti i maestri nel Talmud babilonese (Shabbàt, 28b) menzionano che Adamo sacrificò un toro con delle grandi
corna; e così pure Noach (Noè) offri sacrifici quando uscì dall’arca (Bereshìt, 4:3-4). Inoltre quando Moshè
si presentò al faraone e gli disse che voleva condurre il popolo d’Israele nel
deserto a una distanza di tre giorni di cammino per sacrificare all’Eterno (Shemòt, 3:18), il faraone capì assai
bene a cosa si riferiva Moshè. E anche dopo la rivelazione del Sinai fu permesso
ai gentili di presentare sacrifici. E quindi, chiede rav Elyashiv, se i
sacrifici sono dei decreti cosa c’entrano i decreti con i gentili? È quindi necessario concludere che vi sono dei sacrifici
che non fanno parte dei chukìm e sono quelli offerti
dai gentili e ci sono sacrifici che sono chukìm e sono quelli
degli israeliti.
Rav Elyashiv spiega
che il senso di gratitudine fa si che si desideri ringraziare le persone che ci
hanno fatto del bene. Tutti i sacrifici che venivano portati prima delle rivelazione
del Sinai erano sacrifici di ringraziamento (korbàn todà). E sul fatto che gli uomini possano ringraziare il
Creatore offrendo dei sacrifici, i maestri hanno insegnato che in effetti non
diamo nulla al Creatore, che non ha bisogno di niente, ed esprimiamo solo il
nostro senso di gratitudine.
Il Maimonide sostiene
che anche se non siamo in grado di conoscere sempre i motivi delle mitzvòt, perché la Torà non li specifica
o perché i motivi non sono razionalmente comprensibili, tutte le mitzvòt hanno un motivo (Guida dei
Perplessi, III, 48). Nel caso dei sacrifici, nonostante l’affermazione che
secondo la Halakhà i sacrifici fanno
parte dei chukìm i cui motivi sono
sconosciuti, il Maimonide suggerisce che il Creatore prescrisse la mitzvà dei korbanòt perché i sacrifici erano in voga in tutto il mondo e non
ne obbligò l’abbandono (ibid., III, 32). Inoltre il motivo per cui la Torà
prescrive che vengano offerti come sacrifici ovini, caprini e bovini, dipende
dal fatto che gli ovini venivano adorati dagli egiziani; i caprini venivano
adorati dagli abitanti del regno di Saba; e i bovini venivano considerati
intoccabili in India e altri paesi (ibid., III, 46). Questa idea del Maimonide
non è tuttavia condivisa dal Nachmanide
(Girona, 1194-1270, Acco) che nel suo commento alla Torà sostiene che le ipotesi
del Maimonide sui sacrifici non sono valide.