“La Civiltà Cattolica” rende omaggio a Primo Levi nel centenario della nascita (Torino, 31 luglio 1919) con un lungo articolo dal titolo “Primo Levi e il veleno di Auschwitz” che apparirà sul prossimo numero della rivista le cui bozze sono riviste dalla Segreteria di Stato vaticana: l’autore del libro autobiografico “Se questo è un uomo” viene definito “martire della disumanità e dell’umiliazione”. Scrittore, testimone e “martire della Shoah“, recluso nel lager nazista di Auschwitz nel marzo 1944 a 24 anni, dove vi rimase 11 mesi, il saggio del padre gesuita Giancarlo Pani ricorda che Levi “fu uno dei pochissimi che riuscì a sopravvivere” al campo di sterminio. L’11 aprile 1987, testimone dell’orrore del lager, “martire della disumanità e dell’umiliazione, Levi non ha più saputo resistere alla vergogna e all’umiliazione”. L’articolo di padre Pani recupera, dalle tre opere autobiografiche di Primo Levi, la vita e l’orrore del Lager. Si tratta di “opere che nascono non dalla letteratura, ma dalla sofferenza, vissuta, meditata e mai del tutto accettata. La liberazione e il penoso rientro in Italia gli permettono di guardare con chiarezza di che cosa fosse fatta quella ‘morte’: la distruzione dell’uomo, della persona, della coscienza”.
Per “La Civiltà Cattolica” “si coglie il coraggio di raccontare e il dovere di testimoniare come vocazione di Primo Levi: non imponendo una sua visione, ma rivelando la propria esperienza del male che è nella storia e che può sempre riemergere in forme nuove”. A parere della rivista della Compagnia di Gesù, “le tre opere autobiografiche di Levi sono anche un documento eccezionale di umanità, dove risaltano personaggi che con la loro originalità emergono nello squallore del Lager. La memoria di Levi è anche un documento storico sui tedeschi. D’altra parte non poteva non esserlo. Lo sguardo è severo e tagliente”. (Pam/AdnKronos)