Sono tante le testimonianze dei sopravvissuti che hanno raccontato gli orrori dell’Olocausto, ma solo Primo Levie’ riuscito ad accompagnare il ritmo sofferente della narrazione ad uno stile unico, cristallino, asciutto ed esauriente. La sua testimonianza, su tutte, e’ un’opera di grande letteratura. Domani sara’ passato esattamente un secolo dalla nascita del grande scrittore, partigiano e chimico, incompreso quando rifiutarono il manoscritto del suo primo libro, ma ancora piu’ incompreso negli anni successivi, quando per molto tempo i libri di letteratura non lo annoverarono tra i nomi illustri della scrittura.
Primo Levinacque a Torino il 31 luglio 1919. La famiglia era di ebreipiemontesi provenienti dalla Spagna e dalla Provenza. Il padre Cesare, dipendente della societa’ Ganz, trasmise al figlio gli interessi per la scienza e la letteratura. La scuola che Primo frequento’ fu il Liceo classico Massimo d’Azeglio, che poteva vantare tra i propri insegnanti diversi oppositori al fascismo, come Augusto Monti, Franco Antonicelli, Umberto Cosmo, Norberto Bobbio, Zino Zini e Massimo Mila. Nel novembre del 1938 entrarono in vigore in Italia le leggi razziali mentre Levifrequentava il corso di laurea in chimica presso l’Universita’ di Torino. Le leggi razziali precludevano l’accesso allo studio universitario agli ebrei, ma concedevano di terminare gli studi a quelli che li avessero gia’ intrapresi. Sul suo diploma di laurea, pero’, campeggiava la scritta “di razza ebraica”. Trasferitosi a Milano nel 1942, il chimico torinese comincio’ a lavorare presso una fabbrica svizzera di medicinali e venne in contatto con ambienti antifascisti militanti, entrando nel Partito d’Azione clandestino. In seguito all’armistizio di Cassibile del 1943 con il quale il Regno d’Italia cessava le ostilita’ verso gli Alleati, Levisi rifugio’ in montagna, unendosi a un nucleo partigiano operante in Val d’Aosta. Il 13 dicembre dello stesso anno, venne arrestato dalla milizia fascista nel villaggio di Amay e fu trasferito nel campo di Fossoli, presso Carpi, in provincia di Modena. Il 22 febbraio 1944, Levie altri 650 ebreifurono trasportati, stipati come bestie, su un piccolo treno merci in direzione di Auschwitz, in Polonia, dove lo scrittore venne marchiato con il numero 174.517 prima di finire nel campo di Buna-Monowitz. Qui strinse amicizia con un muratore del campo, Lorenzo Perrone, che coraggiosamente si adopero’ per fargli avere cibo con regolarita’. Verso la fine dell’anno, Levipasso’ un esame per poter lavorare nella Buna, una fabbrica tedesca per la produzione di gomma sintetica. All’interno del laboratorio della Buna, Levie un suo caro amico prigioniero, Alberto Dalla Volta, cominciarono a contrabbandare materiale in cambio di cibo. All’inizio del 1945 lo scrittore si ammalo’ di scarlattina, ma il 27 gennaio l’Armata Rossa libero’ tutti i prigionieri. Solo venti di quei 650 italiani giunti nel campo erano sopravvissuti. Il viaggio di ritorno in Italia, narrato nel libro di memorie ‘La tregua’, fu travagliato e si protrasse fino ad ottobre. Tornato a Torino, lo scrittore riprese lentamente in mano la propria vita e in questo periodo nacque l’idea di scrivere ‘Se questo e’ un uomo’. Nel 1945 Leviincontro’ la futura moglie, Lucia Morpurgo, e due anni piu’ tardi termino’ il manoscritto che molti editori, tra cui Einaudi, rifiutarono. Fu il piccolo editore De Silva a diffondere ‘Se questo e’ un uomo’, che ottenne il plauso di Italo Calvino su l’Unita’. Negli anni Cinquanta l’interesse, soprattutto dei giovani, nei confronti della Shoahspinse Levia proporre nuovamente il libro ad Einaudi, che lo pubblico’ nel 1958. Incoraggiato da un immediato successo internazionale, nel 1962 lo scrittore incomincio’ a lavorare all’opera sul viaggio di ritorno da Auschwitz, ovvero ‘La tregua’, che vinse la prima edizione del Premio Campiello del 1963. Nella produzione letteraria successiva, l’osservazione della natura e della tecnologia diventarono lo spunto principale del chimico. Gli anni Settanta furono arricchiti da diverse opere di Levi, come ‘Il sistema periodico’ (che vinse il Premio Prato per la Resistenza nel 1975), ‘La chiave a stella’ (che vinse il premio Strega 1979), ‘Se non ora, quando?’ (che vinse il Premio Campiello e il Premio Viareggio nel 1982) e ‘I sommersi e i salvati’ (1986). Levi fu trovato morto l’11 aprile 1987 in fondo alla tromba delle scale della propria casa di Torino, in corso Re Umberto 75, a seguito di una caduta le cui dinamiche restano incerte anche se la tesi piu’ accreditata e’ quella del suicidio. Lo scrittore mori’ da ateo: “C’e’ Auschwitz, dunque non puo’ esserci Dio. Non trovo una soluzione al dilemma. La cerco, ma non la trovo”. (AGI)