Piero Terracina compie oggi 91 anni. È uno degli ultimi testimoni della Shoah, sopravvissuto tra i pochi ad Auschwitz. Nato il 12 novembre 1928, dopo essere riuscito a sfuggire al rastrellamento del quartiere ebraico da parte dei nazisti il 16 ottobre 1943, venne arrestato a Roma, il 7 aprile 1944, su segnalazione di un delatore, con tutta la famiglia: i genitori, la sorella Anna, i fratelli Cesare e Leo, lo zio Amedeo, il nonno Leone David. Detenuti per qualche giorno nel carcere romano di Regina Coeli, dopo una breve permanenza nel campo di Fossoli, il 17 maggio del ’44 furono avviati alla deportazione. “Ci misero in 64 in un vagone – ha raccontato -. Fu un viaggio allucinante, tutti piangevano, i lamenti dei bambini si sentivano da fuori, ma nelle stazioni nessuno poteva intervenire, sarebbe bastato uno sguardo di pietà. Le SS sorvegliavano il convoglio. Viaggiavamo nei nostri escrementi: Fossoli, Monaco di Baviera, Birkenau-Auschwitz”.
Giunti nel campo di sterminio, la selezione, l’immediata gasazione dei suoi familiari, mentre Piero vie immatricolato e tatuato con il numero A-5506.
In quel luogo di morte e sofferenza, di umiliazioni e dolore, Piero trova sollievo nell’amicizia “vera, profonda, fraterna. Avevamo tutti e due bisogno di un punto di riferimento”, con un altro giovane deportato italiano, Sami Modiano, di soli due anni più piccolo di lui, proveniente da Rodi. Un’amicizia nata nel lager che resiste ed esiste ancora oggi.
A partire dagli anni ottanta, Piero Terracina ha svolto un’attività di testimonianza su cosa è stata la Shoah, svolgendo incontri in scuole, associazioni, università, in carceri, partecipando a conferenze, seminari di formazione, istituzioni militari, trasmissioni radiofoniche e televisive. Per questo impegno, a volte doloroso, Piero è stato insignito dell’onorificenza di Cavaliere di Gran Croce dell’Ordine al merito dell’anno Repubblica Italiana ed cittadino onorario di numerosi comuni italiani.