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    ITALIA

    Amelia, il ritratto un’eroina controcorrente che ancora oggi dà fastidio

    Amelia Pincherle Rosselli è molto più di una targa vandalizzata due giorni fa a Firenze. È uno di quei personaggi che cambiano la storia e di cui troppo spesso ci si dimentica. Non è stata soltanto la madre dei fratelli Rosselli, ma è stata la prima drammaturga italiana, prima donna a vincere il premio all’Esposizione Nazionale del 1898 con il suo dramma Anima. Una donna elegantissima, di famiglia ebraica veneziana, il cui motto era: bisogna sempre curarsi, da giovani per piacere, da vecchi per non dispiacere. Nel 1901, a seguito del tradimento di suo marito con una cantante lirica, Amelia, al contrario delle donne dell’epoca che avrebbero chiuso un occhio, lo lascia e va a vivere a Firenze crescendo da sola i suoi tre figli: Aldo, Carlo e Nello.


    Vive il sogno dell’emancipazione quando gli ebrei si sentono completamente integrati nella patria risorgimentale e insegna ad amarla ai propri figli. Li perderà tutti e tre. Il primo, Aldo, partito volontario per la Grande Guerra, cadrà in combattimento nel 1916. Carlo e Nello, antifascisti, saranno massacrati dai sicari francesi di un’organizzazione fascista mandati da Galeazzo Ciano a Bagnoles de l’Orne nel 1938. Ma Amelia non si scoraggia, non ha tempo nemmeno di piangere i suoi figli. Un solo urlo accompagnerà le bare che escono dalla casa parigina di Carlo, già in esilio. Nel 1938, cade ogni speranza di uguaglianza con l’approvazione delle leggi sulla razza volute da Mussolini. Bisogna riparare altrove e Amelia prende le due nuore, Marion e Maria, tutti i nipoti, e inizia un peregrinaggio che la porterà prima in Svizzera, poi in Gran Bretagna, infine negli Stati Uniti.
    Ricordo quando incontrai Silvia Rosselli, la figlia di Nello, nella sua casa di Trastevere e mi raccontò di nonna Amelia. Mi colpì un episodio. Durante la permanenza negli Stati Uniti, i Rosselli si trovano in vacanza vicino a New York e vogliono prendere alloggio in un albergo. Immaginiamo questa famiglia, composta da tutte donne, che si avvicina a quest’albergo dove all’entrata capeggia una scritta: “Only selected clintele”. Amelia si rivolge alla reception e chiede cosa voglia dire “solo clientela selezionata”. L’albergatore non ha scrupoli a rivelare il suo pensiero davanti a quella famiglia così elegante e distinta e a quella signora dai capelli biondi e la carnagione chiara. “Significa che qui non sono ammessi ebrei, quindi la cosa non vi riguarda”, risponde sicuro visto che per lui gli ebrei sono quelli ortodossi dell’Europa dell’Est con i caftani e le peot, quindi facilmente riconoscibili. “La nonna non ci pensò due volte – mi raccontò Silvia- e non disfacemmo nemmeno le valigie. Anche noi siamo ebrei, rispose all’albergatore, alzammo i tacchi e ce ne andammo di filata”.
    Nel 1946, i Rosselli tornano in Italia, accolti in trionfo. Un treno con la fascia tricolore li trasporta da Napoli, dove sono sbarcati, a Roma dove si stabilirà parte della famiglia, mentre l’altra andrà a Firenze. Amelia continua a battersi, il suo impegno civile riguarda il voto alle donne e la memoria dei suoi due figli uccisi dai fascisti. Un modello per noi tutte, la cui storia ho deciso di descrivere in un monologo nel mio libro Eroine della libertà.
    L’anno scorso finalmente un riconoscimento. Le viene intitolata una piazzetta nella zona di Porta al Prato a Firenze, la sua città d’adozione, con relativa targa. C’è scritto: Amelia Pincherle Rosselli, scrittrice e antifascista, 1870-1954. Pochi giorni fa viene rinvenuta a terra, in più pezzi in quello che è stato definito “un atto di gratuito vandalismo”. Non si conoscono ovviamente gli autori, ma nel clima d’odio che si è generato nei confronti degli ebrei in Italia la causa potrebbe non essere troppo lontana. C’è, però, una certezza. Il vandalismo non è mai gratuito. È un’onda che monta, che genera odio, che parte dalle cose per arrivare alle persone. La storia ci ha insegnato questo. Ma ciò che è incredibile è come una persona che ha pagato con la morte di tre figli il fatto di credere alla nuova patria risorgimentale, libera, democratica e antifascista possa ancora oggi essere considerata un pericolo tanto da cercare di distruggerne la memoria. Una figura che va contro la narrativa dominante e forse per questo, a quasi un secolo di distanza, continua a dare fastidio.

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