Guidobaldo Passigli, scomparso ieri all’età di 83 anni, è stato per me un amico, un socio nella mia prima esperienza editoriale in Pluriverso, una casa editrice che oggi non esiste più per i casi della vita ma di cui conservo la targa, appesa nel mio studio di Torino. Molti sono i ricordi dei suoi racconti che in queste ore mi ritornano alla mente. La Shoah ha lasciato un solco profondo e indelebile nella sua vita come nella vita di ogni ebreo, in ogni parte del mondo. Ogni ebreo sopravvissuto alla guerra avrebbe potuto raccontare la sua storia, le sue storie, come faceva Guidobaldo con la sua voce pacata, con il suo sguardo vivace, con il suo acume. Storie tutte uguali e tutte diverse al tempo stesso. Storie fatte di ansie e di paure, di amicizie e di solidarietà da parte anche di estranei, storie di tragici errori e di ingenuità, storie di tradimenti e di delazione da parte di falsi amici, storie di disperazione estrema.
«Giuseppe Dalmasso, Giuseppe Dalmasso detto Guido; così dovrai rispondere a chi ti chiederà come ti chiami». Erano gli ultimi mesi del 1943, Guidobaldo non aveva ancora cinque anni e la sua mamma gli ripeté questa raccomandazione prima di accompagnarlo all’ entrata dell’istituto di Suore di San Giuseppe di via del Guarlone a Rovezzano. Restò con la nonna materna, che però non doveva apparire tale, fino a dopo la liberazione. La mamma, rimase vedova a soli 25 anni, si ricongiunse a loro e si salvò grazie all’aiuto e alla benevolenza delle Suore. Schulim Vogelmann rientrò a Firenze dal campo di sterminio di Auschwitz nell’agosto del 1945, nessuno immaginava che sarebbe ritornato. Nel dicembre 1946 conobbe la mia mamma di Guidobaldo, si raccontarono le loro durissime tragiche esperienze, decisero di creare una nuova famiglia; Guidobaldo avrebbe così trovato quel padre che non avevo potuto avere e avrebbe avuto un fratello, Daniel.
Guidobaldo Passigli ha presieduto la Comunità di Firenze con saggezza e amore. Quando venne eletto gli inviai le congratulazioni, mi rispose, a stretto giro, con una citazione tratta dai Pirkè Avot “non è compito nostro terminare l’opera, non per questo dobbiamo sentirci esentati dal tentare di farlo.” Guidobaldo ha dato molto al nostro ebraismo italiano, a noi il compito di continuare la sua opera. Yehi zicrò Baruch.