La tragedia
della Shoah rischia spesso di lasciare sullo sfondo le altre gravissime
persecuzioni che hanno colpito gli ebrei italiani dal 1938 al 1945. Le leggi
razziali, precedute da un subdolo censimento che era in realtà una vera e
propria schedatura e anticipate da una violenta campagna antisemita, esclusero
gli ebrei dalla scuola, dal mondo del lavoro, dalla vita civile. Dal 1938,
oltre 400 provvedimenti di crescente gravità: alla fine, gli israeliti non
potevano possedere una casa, un’impresa, un lavoro, neppure degli oggetti. Una
spoliazione sistematica e minuta, confische equivalenti a oltre 150 milioni di
euro odierni. Gli archivi restituiscono le vicende di questa Grande razzia, e
storie, spesso ignote, di vita e, purtroppo, anche di morte. Il nostro Paese le
ha indagate soltanto dal 1998, costituendo una Commissione presieduta da Tina
Anselmi. Ma troppo resta ancora sconosciuto. Le stesse restituzioni agli originari
proprietari sono state tardive e soltanto assai parziali. Come gli indennizzi,
e i riconoscimenti a chi è stato perseguitato.
Con una
capillare ricerca tra i dati e gli allegati al Rapporto Anselmi e in numerosi
archivi, negli ottant’anni dalla più importante tra le leggi razziali che
furono l’anticamera della Shoah, Fabio Isman racconta vicende spesso ancora
ignorate o troppo poco esplorate, che ci restituiscono lo spaccato di un’Italia
non sempre composta da «brava gente».