
All’Eurovision Song Contest 2025 sul palco brillerà la voce limpida di Yuval Raphael. Ma alle sue spalle si agita l’ombra del silenzio. Sopravvissuta all’attacco di Hamas al Nova Festival il 7 ottobre 2023, la 24enne cantante israeliana è stata ferita, ha visto morire la sua amica accanto a sé, ha finto di essere morta per otto ore in un bunker dove solo 11 su 50 ragazzi sono sopravvissuti. Ma tutto questo, per regolamento, non potrà essere condiviso pubblicamente: l’Eurovision le impone di tacere, di cancellare ogni riferimento biografico che suoni politico.
“Mi piacerebbe davvero tanto portare onore al mio Paese. Mi riempirebbe il cuore di gioia” ha detto la cantante durante un’ intervista rilasciata a La Stampa a firma di Fabiana Magrì. La sua canzone dal titolo “New Day Will Rise”, scritta da Keren Peles, è cantata in ebraico, francese e inglese. “Per me rappresenta il mondo proprio perché contiene tutte le lingue a cui mi sento più legata – dice – L’ebraico è la mia lingua madre, il francese è quella dell’infanzia. E poi c’è l’inglese, perché il messaggio di speranza, unità e amore arrivi ovunque”.
Il palco dell’Eurovision è un’occasione gigantesca, una giostra di suoni, luci e tensioni geopolitiche. Lei lo affronta con fermezza: “Sento di avere le spalle coperte dalla migliore squadra possibile. Mi sono preparata così a lungo a questo momento che non credo mi sentirò persa”. Nel suo modo semplice e diretto di comunicare, c’è la consapevolezza di chi ha attraversato la morte e ne è uscita con una missione. “Quando la musica è buona e giusta, chiunque può entrarvi in sintonia dalla propria prospettiva. A me piacerebbe portare un messaggio di speranza, unione e amore” ribadisce Raphael.
Mentre l’Eurovision le chiede di non politicizzare, a fine intervista una frase rompe il protocollo e dice: “Ciò che è davvero importante per me sono gli ostaggi. Avrebbero dovuto essere a casa già da molto tempo, e devono essere riportati ora”. Nel cuore di un evento che proclama neutralità, ma che accoglie critiche selettive e campagne di boicottaggio, Yuval Raphael non chiede vendetta né ribalta. Solo ascolto. E, attraverso la musica, connessione.