
Sarah Weinstein, 96 anni, sopravvissuta alla Shoah, ha recentemente incontrato due soldatesse dell’Unità di Soccorso ed Evacuazione del Comando del Fronte Interno dell’IDF. Durante l’incontro, ha condiviso la sua storia di sopravvivenza e ha espresso ammirazione per le giovani militari, definendole la vera vittoria del popolo ebraico.
Nata nel 1929 a Stepan, una cittadina allora polacca oggi parte dell’Ucraina, Sarah visse un’infanzia serena con i suoi genitori e sei fratelli. Nel 1941, all’età di cinque anni e mezzo, la sua famiglia fu costretta a vivere in un ghetto sotto condizioni estremamente dure.
Poco più di un anno dopo, alla vigilia della liquidazione del ghetto, un guardiano di nome Popel rischiò la vita per salvare Sarah e la sua famiglia, nascondendoli sotto la paglia in un carro trainato da cavalli e portandoli nella sua casa. Tuttavia, i vicini sospettarono e denunciarono la presenza della famiglia di ebrei. I nazisti scoprirono il nascondiglio, uccisero Popel, sua moglie e suo figlio, ferirono Sarah e suo fratello e uccisero sua madre. La casa fu poi incendiata.
Sarah ricorda vividamente quei momenti: “l’odore della polvere da sparo non mi ha mai abbandonata. Mio padre ci disse: ‘Ognuno di voi prenda una gamba, un braccio, un pezzo del grembiule di mamma, la sua treccia’, e così la portammo nel bosco per seppellirla”.
Per i successivi tre anni, la famiglia sopravvissuta si nascose nei boschi, affrontando il freddo e la fame. Scavavano nel terreno per trovare acqua e ricevevano aiuti dai partigiani locali, che fornivano vestiti e viveri. “Grazie a loro, i tedeschi non osavano entrare nella foresta” racconta Sarah. Alla fine della guerra, il padre di Sarah partì in cerca di giustizia per la morte della moglie, ma non fece mai ritorno. Sarah fu poi accolta in un orfanotrofio a Cracovia gestito da Lena Kuchler, dove per la prima volta in tre anni poté togliere il vestito che indossava dal giorno dell’attacco nazista.
Nel 1947, Sarah emigrò in Israele, si unì al Kibbutz Givat HaShlosha e, all’età di 16 anni, si arruolò nella Brigata Nahal dell’IDF. Si sposò, ebbe tre figlie e costruì una nuova vita. “Sono così felice di essere qui in questo paese. Ho avuto tre meravigliose figlie, ho una famiglia, ho servito nell’esercito e sono orgogliosa di vivere qui. Ho imparato quanto può essere bella la vita” ha detto la donna.
Durante l’incontro con le soldatesse, Sarah ha sottolineato l’importanza di condividere la sua storia: “Ammiro ogni soldato. Nonostante il dolore, devo continuare a raccontare la mia storia, così saprete perché siamo qui oggi. Voi siete la nostra vera vittoria”. Questo incontro rappresenta un ponte tra le generazioni, unendo il passato doloroso con la determinazione e la resilienza del presente.