Un think tank americano ha tentato di dimostrare le discrepanze e le manipolazioni di Hamas nel conteggio delle vittime a Gaza durante la guerra. Secondo la ricerca del Washington Institute for Near East Policy, ripresa dal Jerusalem Post, i dati resi pubblici da Hamas in un primo periodo erano abbastanza simili a quelli delle Nazioni Unite e di Israele, ma da quando è iniziata la campagna di terra il 27 ottobre, le cifre sono diventate meno rigorose e soprattutto meno affidabili.
Come spiegato dall’istituto, il Ministero della Sanità di Gaza, gestito da Hamas, ha smesso di riferire sulle vittime il 10 novembre, riprendendo il suo conteggio il 2 dicembre, anche se in maniera meno dettagliata rispetto a inizio novembre. Lo studio suggerisce che i resoconti dopo novembre mancano di credibilità a causa della loro dipendenza da “fonti mediatiche affidabili”, in gran parte composte da clip di notizie trovate online o in TV.
Uno dei casi più eclatanti di manipolazione è quella dell’esplosione all’ospedale di al-Ahli. In quell’occasione Hamas sostenne che in un bombardamento israeliano fossero state uccise 471 persone. I dati di Hamas mostrano che solo altre 7 persone sono state uccise in tutta Gaza nelle stesse 24 ore dell’esplosione (478). Dati in contrasto con quelli rilasciati dalle Nazioni Unite, secondo cui 62 sono stati uccisi in due attacchi aerei la stessa notte nel campo profughi di Jabalia, il che dovrebbe portare al totale di 533 e non ai 478 pubblicati da Hamas.
Secondo il Washington Institute for Near East Policy, con il progredire della guerra le discrepanze tra il Ministero della Sanità e il Government Media Office (GMO), sempre gestito da Hamas, sono diventate sempre più evidenti. Dal 2 all’8 dicembre il GMO ha ridotto di oltre 1.000 uomini morti (da 4.563 a 3.499). Il 1° gennaio il Ministero della Sanità ha riferito che prima dell’11 novembre erano morti 6.088 uomini a Gaza, mentre l’OGM riferiva lo stesso giorno che 6.098 uomini erano stati uccisi fino a quel giorno, il che implica che solo 10 uomini erano morti in 51 giorni di combattimenti dall’11 novembre al 1 gennaio.
“Ciò che si può dire con certezza è che le statistiche prodotte da Hamas sono incoerenti, imprecise e sembrano essere state sistematicamente manipolate per minimizzare il numero di militanti uccisi ed esagerare la percentuale di non combattenti confermati morti”, conclude il rapporto.