
Gerusalemme è stata colpita questa mattina da un nuovo attentato terroristico. Due palestinesi armati sono arrivati in auto all’incrocio di Ramot, quartiere a nord della capitale, e hanno aperto il fuoco contro una fermata e contro un autobus della linea 62, affollato di passeggeri. Il bilancio è drammatico: sei morti e almeno 10 feriti, alcuni in condizioni gravi.
Secondo la ricostruzione della polizia, i due assassini sono saliti sull’autobus e hanno iniziato a sparare all’impazzata. La scena è stata interrotta dal coraggio di un giovane Haredi armato e di un soldato della brigata haredi “Hashmonaim”, che hanno risposto al fuoco e neutralizzato i terroristi in pochi secondi. «Dal momento che siamo scesi dall’autobus, hanno iniziato a spararci. Sono viva per miracolo», ha raccontato una sopravvissuta.
Il portavoce della polizia ha confermato che si è trattato di un attentato premeditato. Gli accessi all’area sono stati bloccati e gli artificieri hanno bonificato la zona, mentre la scientifica raccoglie prove. Anche il Magen David Adom ha diffuso un aggiornamento: sei morti, altri feriti in condizioni moderate e numerosi colpiti da schegge e panico.
Nei reparti di traumatologia di Hadassah Ein Kerem e Hadassah Har HaTzofim sono stati ricoverati quindici feriti. Tra questi, una donna di 30 anni in condizioni moderate e due uomini colpiti da proiettili, uno in condizioni gravissime e instabili.
L’IDF, intervenuto subito dopo l’attacco, sta ora compiendo rastrellamenti nei villaggi della periferia di Ramallah per individuare eventuali complici e rafforzare la sicurezza lungo la linea di separazione.
Il primo ministro Netanyahu, che ha annullato un’udienza in tribunale, si è recato personalmente sul luogo dell’attentato per seguire da vicino la situazione.
«Qui ha agito con sangue freddo un soldato della brigata Haredi Hashmonaim – ha commentato il premier -. Lo hanno assistito due cittadini Haredi armati. Bisogna capire che siamo tutti in questa guerra – dobbiamo restare uniti».
L’attacco a Ramot rappresenta l’ennesima prova della brutalità del terrorismo palestinese e, al tempo stesso, della forza di reazione di Israele. Ancora una volta, a fermare la strage non sono state parole ma il coraggio concreto di cittadini e soldati che hanno impedito un massacro ancora più vasto.