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    ISRAELE

    Netanyahu incontra Trump per la seconda volta in 24 ore: nessuna svolta nei negoziati con Hamas

    Il primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu ha incontrato per la seconda volta in 24 ore il presidente statunitense Donald Trump alla Casa Bianca. L’incontro, durato oltre un’ora e mezza e al quale ha partecipato anche il vicepresidente JD Vance, era stato aggiunto all’ultimo momento all’agenda ufficiale, alimentando le speranze di una possibile svolta nei negoziati in corso a Doha. Tuttavia, al termine non è stata rilasciata alcuna dichiarazione ufficiale, né è stato annunciato un accordo in merito.
    Le aspettative erano state rafforzate dalle dichiarazioni dell’inviato speciale americano Steve Witkoff, secondo cui un’intesa potrebbe essere raggiunta già entro la settimana. Tuttavia, fonti vicine ai colloqui riferiscono che Witkoff ha rinviato il proprio viaggio in Qatar, dove avrebbe dovuto partecipare alla quinta tornata di negoziati indiretti tra Israele e Hamas, segno che permangono divergenze sostanziali tra le parti.
    Durante un intervento a Capitol Hill, Netanyahu ha ribadito con fermezza che Israele non accetterà un accordo a qualsiasi costo: “Il nostro obiettivo è chiaro: liberare tutti gli ostaggi, vivi e deceduti, e distruggere completamente le capacità militari e di governo di Hamas. Gaza non dovrà più rappresentare una minaccia per Israele”. Il premier ha sottolineato anche l’importanza dell’alleanza con gli Stati Uniti, definendo “senza precedenti” il livello di coordinamento con l’amministrazione Trump. Lo stesso presidente americano ha confermato l’impegno degli Stati Uniti a risolvere il conflitto a Gaza, affermando: “È una tragedia, ma penso che tutti vogliano arrivare a una soluzione”.
    Secondo una fonte diplomatica araba, tre dei quattro nodi principali della trattativa sarebbero stati in gran parte superati nei giorni scorsi: la richiesta di Hamas di ottenere garanzie sul mantenimento della tregua anche nel caso in cui, entro 60 giorni, non venga concordato un cessate il fuoco permanente; il passaggio sicuro e rapido degli aiuti umanitari attraverso meccanismi ONU; e i termini generali dello scambio tra ostaggi e prigionieri. Resta tuttavia irrisolto il nodo del ritiro parziale delle truppe israeliane da Gaza durante la tregua.
    Sul piano operativo, l’accordo attualmente in discussione prevede un cessate il fuoco di 60 giorni, suddiviso in cinque fasi di rilascio: otto ostaggi vivi il primo giorno, due il cinquantesimo, e 18 salme restituite in tre fasi intermedie. Resterebbero comunque 22 ostaggi ancora nelle mani dei gruppi terroristici, dieci dei quali sarebbero vivi.
    La questione centrale resta la fiducia tra le parti. Mentre Witkoff si dice ancora ottimista, i mediatori egiziani e qatarioti appaiono più scettici: i margini restano sottili e il clima è reso ancor più teso dai continui combattimenti. Tra elogi reciproci e simboli evocativi, come il cappellino rosso con lo slogan “Trump aveva ragione su tutto” mostrato nella foto ufficiale, l’incontro tra Netanyahu e Trump ha confermato la solidità dell’asse tra Israele e Stati Uniti. Ma per raggiungere un accordo, i prossimi giorni restano decisivi.

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