Analista, accademico, tra i massimi esperti di geopolitica mediorientale, Mordechai Kedar ha sempre sostenuto la sua teoria per la quale la creazione di Stati tribali sia la soluzione per arrivare finalmente alla pace e alla stabilità del Medio Oriente. Questa visione, anche difronte a quanto sta avvenendo in Israele e a Gaza, rappresenta una prospettiva per il futuro ancor più valida perché “i soli stati pacifici in Medio Oriente sono quelli fondati sui singoli clan” e quella di “due popoli, due stati” non è una soluzione per risolvere il conflitto se l’interlocutore con cui lo Stato Ebraico dovrebbe trattare è l’Autorità nazionale palestinese, l’Olp, Fatah o Hamas, visto che sono nemici d’Israele, “corrotti o deboli e non possono essere dei partner affidabili per negoziare una vera pace” spiega Kedar a Shalom, in occasione della sua visita in Italia per una conferenza organizzata dalla Comunità Ebraica di Milano ed Emanuel Segre Amar. Dunque la pace è possibile, ma non ad ogni costo per Israele. Il “piano Kedar”, che l’analista illustra in un documento in cui vengono spiegate le singole tappe per raggiungere la stabilità in Medio Oriente attraverso gli stati tribali, parte dall’assunto per il quale un governo guidato dall’Anp di un futuro stato palestinese diventerebbe un altro stato arabo corrotto e Hamas ne prenderebbe sicuramente il controllo anche in Giudea e Samaria (come avvenuto nella Striscia di Gaza nel 2007). Uscendo dalle logiche europee ed occidentali, è dunque necessario trovare un modello che corrisponda alla realtà sociale araba, per la quale la famiglia, il clan, la tribù rappresentano la base dei rapporti di fiducia. Questo modello è quello dell’emirato: In estrema sintesi “Israele dovrebbe riconoscere lo sviluppo di città-stato indipendenti, ovvero emirati, nelle sette città di Giudea e Samaria”.
“Anche la striscia di Gaza – spiega Kedar – dovrebbe essere divisa in cinque emirati, governati dai singoli clan locali. Ma niente Hamas e niente OLP, poiché entrambi sono nemici di Israele, mentre i clan locali non lo sono. L’Egitto dovrebbe poi controllare il suo confine con la Striscia per fermare il contrabbando di armi, munizioni, razzi e droni dall’Iran”. Kedar crede che con la realizzazione del modello degli stati tribali sarebbero maggiori le probabilità che i loro leader per un futuro di prosperità, riconoscano lo stato ebraico e che il terrorismo e il jihadismo vengano così sradicati.
L’esempio, in estrema sintesi, è quello degli emirati del golfo, con cui Israele, prima del 7 ottobre, in molti casi, aveva buoni rapporti o in corso di normalizzazione. A proposito di stati arabi del golfo, Kedar spiega quanto sia importante per Israele vincere la guerra, anche per il destino degli accordi di Abramo. Accordi che hanno avuto una battuta d’arresto dal 7 ottobre e che potrebbero riprendere alla fine del conflitto, in primis con l’Arabia Saudita. «Se Israele riesce a sconfiggere Hamas e i suoi nemici, i sauditi lo considereranno uno Stato forte perciò svilupperanno relazioni con questo. Ma se Israele fallisce nella guerra, nessuno sarà più disposto a farlo».