A distanza di poche ore dal loro incontro, non possiamo sapere che cosa si siano detti Bennertt e Putin al Cremlino. E probabilmente i dettagli della loro discussione non usciranno per molto tempo. Dobbiamo accontentarci della dichiarazione di Bennett, che il colloquio “è andato bene”. Non sappiamo neppure da chi e come sia partita la convocazione dell’incontro, dato che Israele si era proposto più volte nei giorni scorsi di mediare fra Russa e Ucraina, anche su sollecitazione di Zelenski, ma sembrava che Putin rifiutasse. Sappiamo che Bennett, ebreo osservante, ha deciso di partire e ha volato durante lo shabbat, perché riteneva che l’incontro potesse servire a salvare delle vite, che è la sola giustificazione accettata dalla legge ebraica per tale violazione della sacralità dello Shabbat. Immaginiamo quindi che Putin l’abbia convocato all’improvviso. Sappiamo che ha avvertito il consigliere di Biden per la sicurezza nazionale Jake Sullivan, senza però chiedergli un permesso esplicito. Sullivan, a quanto dicono i media israeliani, non ha avanzato obiezioni ma non è affatto apparso entusiasta dell’iniziativa. Bennett ha anche avvertito Macron, presidente di turno dell’Unione Europea e il cancelliere tedesco Scholz, da cui si è recato dopo l’incontro, quando ha anche parlato con Zelenski.
E’ presto per sapere se l’iniziativa israeliana riuscirà, anche pensando che in una situazione di guerra ed estrema tensione internazionale aver successo non significa ottenere immediatamente la cessazione dei combattimenti, ma aprire la strada perché l’invasione finisca. Sembra chiaro che l’invasione prosegua e così i bombardamenti delle città ucraine. Ma comunque si tratta di un gesto che sottolinea la centralità di Israele nella rete diplomatica internazionale. Nessun capo di stato o di governo ha visto Putin di persona in questi dieci giorni, anche se molti si erano candidati a un colloquio. Questo significa che, fin dal premierato di Netanyahu, Putin attribuisce a Israele, che pure all’Onu ha votato contro la Russia, un ruolo di interlocutore credibile, capace forse di riaprire il dialogo con l’Occidente, oggi completamente interrotto.
Pur schierandosi senza ambiguità con l’Occidente e portando la propria solidarietà all’Ucraina, Israele però ha evitato atteggiamenti propagandistici. L’ha fatto perché ha i russi alla frontiera settentrionale, in Siria, e quotidianamente rischia di scontrarsi con i loro aerei e le loro truppe. Deve dunque evitare nei limiti del possibile, di dare pretesti all’ira russa, onde evitare un possibile scenario bellico. Ma anche perché credeva giustamente di poter svolgere un ruolo diplomatico utile anche all’Ucraina.
Oltre che dell’Ucraina, si sa che Putin e Bennett hanno parlato della Siria, dove resta in piedi il meccanismo di consultazione che evita gli scontri fra i due stati mentre Israele sostiene con successo (soprattutto in Siria) una “battaglia fra le guerre” contro l’Iran necessaria per bloccare il progetto del regime degli ayatollah di costruire un apparato militare moderno e micidiale ai suoi confini, usando fantocci come Hezbollah, Hamas, gli Houti. Sembra che questo difficile lavoro di interdizione, spesso oggetto di prese di posizione polemiche di generali e diplomatici russi, possa continuare a funzionare, il che è essenziale per la sicurezza di Israele.
I due poi hanno discusso del rinnovo del trattato nucleare con l’Iran, di cui la Russia è la principale sostenitrice insieme all’amministrazione Biden e che invece Israele considera pericolosissimo perché non impedisce l’armamento nucleare di uno stato canaglia come l’Iran. E’ probabile che Bennett abbia usato l’esempio dei rischi della situazione corrente per cercare di far capire a Putin il punto di vista di Israele. Non è detto che ci sia riuscito, ma sembrerebbe che l’accordo sia per il momentobloccato dalla contrapposizione fra i suoi principali oppositori.
Si sa infine che Bennett ha chiesto garanzie a Putin sulla protezione delle comunità ebraiche tanto in Ucraina che in Russia. E’ da sperare che ci sia riuscito e che abbia anche ottenuto spazio per l’azione umanitaria di Israele se la guerra dovesse continuare. Insomma, è presto per esaltare. I nodi dell’invasione sono ancora tutti lì. Ma forse questo colloquio può essere un primo segno del ritorno sui suoi passi di Putin, che ha visto i costi economici e diplomatici dell’invasione. Almeno possiamo sperare che Bennett sia riuscito a insinuare dei dubbi sulle scelte fatte dalla Russia e a suggerire delle vie d’uscita.