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    “La forza d’Israele è l’amore per i suoi figli. Oggi un nuovo Medio Oriente è possibile”

    È viceministra degli Esteri d’Israele dal novembre scorso Sharren Haskel, classe 1984. Il suo esordio in politica è del 2015 come membro della Knesset. All’inizio del mese di luglio è venuta a Roma per la sua prima visita ufficiale in Italia, durante la quale ha incontrato alcuni esponenti del mondo politico, tra cui la ministra dell’Università e della Ricerca, Anna Maria Bernini, il ministro per i Rapporti con il Parlamento Luca Ciriani, il suo omologo Edmondo Cirielli, viceministro degli Esteri. Shalom l’ha incontrata per parlare del futuro d’Israele e del Medio Oriente.

    Israele con la guerra dei 12 giorni ha sferrato un attacco senza precedenti all’Iran, indebolendo, non solo il programma nucleare, ma anche il regime degli ayatollah. Quali saranno le conseguenze per il nuovo Medio Oriente?
    Le conseguenze possono avere due tipi di sviluppi con un unico obiettivo: impedire all’Iran di possedere armi nucleari. Su questo punto Israele ha un’idea ferma e precisa, come, a quanto pare, gli Stati Uniti e anche Paesi europei. Il primo sviluppo è di natura diplomatica, il secondo è che lo Stato d’Israele farà tutto quel che è in suo potere per continuare questa politica. Se gli iraniani vogliono un programma civile nucleare, non hanno necessità di possedere impianti per l’arricchimento dell’uranio.

    Nel conflitto con l’Iran, Israele ha dimostrato nuovamente la sua forza militare e la sua straordinaria resilienza, visto anche come i suoi cittadini hanno resistito agli attacchi missilistici. Secondo lei, qual è la risorsa più importante che rende così forte lo Stato ebraico?
    La nostra risorsa più potente è l’amore per i nostri figli. Noi, in Israele, siamo cresciuti con le storie di genitori, nonni e bisnonni, sulle atrocità che il popolo ebraico ha subito durante i secoli. C’è un filo rosso tra tutti quei terribili avvenimenti, che porta anche al 7 ottobre 2023. Tutti noi sappiamo che lo Stato d’Israele deve potersi difendere per esistere. Ed oggi, con questa nuova ondata di antisemitismo in Europa, assistiamo ad una nuova dimostrazione della necessità di avere uno Stato per il nostro popolo.

    A Gaza molti obiettivi sono stati raggiunti. Qual è il passo fondamentale per schiacciare definitivamente Hamas?
    Dall’inizio di questa guerra abbiamo due obiettivi: il primo è il ritorno a casa di tutti gli ostaggi, tenuti prigionieri in condizioni terribili, abusati nei tunnel di Gaza. Il secondo obiettivo è quello di non permettere mai più a Hamas di avere potere politico, civile o militare: il pericolo è che possa rinvigorirsi e realizzare altri attacchi come quello del 7 ottobre.

    Nella sua ultima visita a Washington il Primo Ministro Netanyahu ha incontrato ben due volte il Presidente Trump. Un evento eccezionale nella storia delle relazioni tra i due Paesi. Come descrive il rapporto tra America e Israele in questo momento?
    Si tratta di un rapporto di profonda amicizia: gli incontri ripetuti sono una testimonianza di un legame speciale che esiste tra i due leader e anche tra il popolo americano e quello israeliano. In questi tempi difficili, c’è la necessità di una leadership forte, capace di prendere decisioni che possano avere un impatto positivo sul futuro dei nostri figli; penso che Netanyahu e Trump abbiano dimostrato di essere due leader forti.

    In questo momento si rinnovano anche alcune opportunità da cogliere, come gli Accordi di Abramo. Quali sono le prospettive?
    Adesso esistono straordinarie opportunità. Gli eventi dimostrano che un nuovo Medio Oriente, stabile e pacifico, è possibile, grazie ai legami che si possono creare nella regione. Evidentemente altri Paesi iniziano ad affermare come priorità il futuro dei propri figli, così anche questi vogliono cogliere nuove opportunità.

    Come immagina il futuro del nuovo Medio Oriente?
    Vorrei immaginare un Medio Oriente pacifico, stabile e prospero. Guardo la realtà dei fatti: esiste la possibilità di realizzare questo sogno ma ci sono ancora sfide da affrontare. Tanti Paesi del Medio Oriente devono combattere l’estremismo islamico, il jihadismo.

    In Europa viviamo un’ondata molto aggressiva di antisemitismo. Ci sono governi che hanno avuto reazioni violente nei confronti degli israeliani. Da dove nasce questa ostilità?
    In Europa prima di tutto è in atto un processo politico per il quale l’estrema sinistra e l’estrema destra hanno trovato nell’antisemitismo un terreno comune su cui poggiare le narrative antiebraiche e antisraeliane. Parallelamente c’è un altro processo per il quale gruppi estremisti di immigrati portano con loro un bagaglio di idee antisemite. In diversi Paesi d’Europa, come la Francia, l’Inghilterra e il Belgio, alcuni partiti hanno bisogno del consenso politico di gruppi che hanno posizioni antisioniste, contro Israele, quindi per accontentare gli elettori li assecondano.

    Lei si è occupata molto di diritti. Un recente rapporto, pubblicato da Dinah Project, rivela ulteriori fatti e dettagli riguardo le violenze e gli stupri perpetrati da Hamas sulle donne israeliane. Eppure tante organizzazioni internazionali continuano ad ignorare quanto è avvenuto e a rimanere in silenzio.
    Si tratta di un fatto gravissimo. Io ho lavorato tanto con le organizzazioni femministe, come quella del “Me too”: però, nel momento in cui le vittime eravamo noi israeliane, è calato il silenzio. Questo fatto è un’ulteriore conferma che Israele deve sempre difendere la sua sicurezza con i suoi strumenti. Il nuovo report si aggiunge a quelli già pubblicati che testimoniano come laviolenza contro le donne, gli stupri, le mutilazioni, siano stati utilizzati da Hamas come arma sistematica di guerra. Nonostante questa ulteriore prova, c’è ancora un muro di silenzio e questo è molto triste.
    In generale, quel che è accaduto il 7 ottobre per la nostra generazione ha rappresentato un fallimento perché tutti noi siamo cresciuti con le storie dei nostri nonni sulla Shoah, sulle persecuzioni antiebraiche in Paesi come il Marocco, l’Algeria, il Nord Africa. Così si è affermato il nostro “mai più”, poi invece è successo di nuovo il 7 ottobre. Questo ci ha spinto a rinnovare la promessa con la consapevolezza che la sicurezza d’Israele e del suo popolo in altri Paesi del mondo è fondamentale, alla base di ogni cosa.

     

    Foto: Ariel Nacamulli

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