Benyamin Netanyahu si è formalmente dichiarato non colpevole in una breve comparizione davanti al tribunale di Gerusalemme, dove è imputato in tre casi di corruzione. “Confermo la risposta scritta presentata in mio nome”, ha affermato il primo ministro israeliano, riferendosi al documento presentato dal suo team legale in cui si dichiara innocente. I collegio dei giudici, guidato da un magistrato donna, Rivka Friedman-Feldman, dovrà decidere ora se le prossime udienze si terranno prima o dopo le elezioni del 23 marzo, ma anche se Netanyahu dovrà parteciparvi di persona. Più volte rinviata a causa della pandemia, quella di oggi era la seconda udienza dove era richiesta la presenza del premier. Netanyahu, riferiscono i media israeliani, è arrivato in auto con la scorta, mentre cecchini della sicurezza erano appostati sui tetti. Ieri sera, ‘Bibi’ aveva chiesto su Facebook ai suoi sostenitori di non manifestare davanti al tribunale, per evitare assembramenti in tempo di pandemia. A causa del rischio coronavirus, i giornalisti potevano seguire l’udienza solo attraverso telecamere a circuito chiuso. Netanyahu è stato ben attento a non farsi inquadrare il volto ed ha lasciato l’aula, con il permesso della corte, dopo solo venti minuti, senza fare dichiarazioni Dalle finestre aperte, per motivi sanitari, si sentivano entrare dentro l’aula le grida di centinaia di manifestanti anti Netanyahu. Primo capo di governo israeliano ad essere processato in carica, il 71enne Netanyahu è accusato di corruzione in tre diverse vicende. Quella più grave, nota come caso 4000, lo vede accusato di aver negoziato con Shaul Elovitch, principale azionista del gigante delle telecomunicazioni Bezeq, per assicurarsi una copertura mediatica amica sul sito di News Walla in cambio di politiche favorevoli alla sua società. Anche Elovitch e la moglie Iris sono imputati al processo, così come Arnon Moses, editore del quotidiano Yedioth Aharonot, che è invece coinvolto nel caso 2000. In questa vicenda, Netanyahu avrebbe offerto una legislazione sfavorevole al quotidiano rivale Hayom, in cambio di articoli a suo sostegno. Il caso 1000 riguarda infine casse di sigari e champagne dal valore di 200mila dollari offerte da due miliardari – il magnate australiano James Packer e il mogul di Hollywood Arnon Milchan – in cambio di favori. La difesa di Netanyahu è per ora concentrata su aspetti procedurali, con la contestazione delle modalità dell’avvio delle inchieste contro il premier, che vengono dipinte come manovre politiche. Spalleggiato dal suo partito Likud, Netanyahu si è sempre detto vittima di una sorta di ‘caccia alle streghe’ e ha rifiutato di dimettersi da primo ministro. Frenato dalla pandemia, il processo riprende ora che il paese si avvicina ad elezioni per la quarta volta in due anni. E ancora una volta il voto sarà una sorta di referendum su Netanyahu, premier più longevo della storia d’Israele, ma la cui personalità divisiva è fra le principali cause dell’instabilità politica. (Civ/Adnkronos)