
L’aviazione israeliana ha eliminato a Beirut il capo di stato maggiore di Hezbollah, Haitham Ali Tabatabai, considerato il numero due dell’organizzazione e capo dell’ala militare. L’operazione, denominata “Black Friday”, è la prima condotta nel cuore del quartiere Dahiya da cinque mesi ed è stata autorizzata dopo l’arrivo di “intelligence immediata” che indicava la presenza del dirigente nella sua casa-rifugio.
L’attacco ha colpito i piani alti di un edificio e poche ore dopo, Israele ha confermato l’eliminazione pubblicando le immagini dell’operazione. Anche Hezbollah ne ha riconosciuto la morte, definendola “aggressione traditrice”, ma senza annunciare una ritorsione immediata. A Gerusalemme si preparano comunque a ogni possibilità.
Tabatabai era classificato dagli Stati Uniti come terrorista internazionale dal 2016, con una taglia di 5 milioni di dollari. Aveva comandato forze speciali del movimento in Siria e Yemen, ed era tornato in Libano assumendo il ruolo di capo della struttura militare dopo le eliminazioni di diversi comandanti del gruppo. Con la sua esperienza, era diventato l’architetto principale del tentativo di ricostruire le capacità operative di Hezbollah, violando gli accordi con Israele e rafforzando il dispiegamento nel sud e nella valle della Beqaa.
Per Israele, la sua eliminazione rappresenta un colpo strategico in un momento in cui l’esercito applica un nuovo principio di sicurezza: impedire anche preventivamente la crescita di minacce reali alle comunità del nord, le più esposte al fuoco di Hezbollah. Una linea nata direttamente dalle lezioni del 7 ottobre.
Il governo libanese e diversi rappresentanti politici hanno condannato l’azione, parlando di “linea rossa” superata e accusando Israele di voler far deragliare sforzi diplomatici. Hezbollah prova a presentare l’attacco come un’aggressione all’intero Libano, nel tentativo di ottenere un sostegno interno più ampio.
Dietro le quinte, la dinamica con Washington gioca un ruolo significativo. Secondo fonti israeliane, gli Stati Uniti erano a conoscenza dell’intenzione di intensificare la pressione su Hezbollah, e l’operazione non avrebbe incontrato opposizioni, segno di una convergenza di interessi: indebolire progressivamente l’influenza iraniana in Libano e spingere Beirut verso negoziati diretti con Israele. Il presidente Trump avrebbe addirittura posto un ultimatum al governo libanese per lo smantellamento dell’arsenale di Hezbollah entro la fine dell’anno, collegando il futuro sostegno economico americano al progresso politico e alla riduzione del potere del movimento sciita.
Dal punto di vista operativo, l’eliminazione di Tabatabai è parte di una strategia più ampia. Ogni colpo alla catena di comando provoca – come mostrano gli ultimi due anni – una paralisi temporanea delle capacità militari del gruppo. È un messaggio chiaro: Israele non accetterà un ritorno alla realtà precedente alla guerra e continuerà a colpire chiunque cerchi di ricostruire minacce ai suoi confini.












