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    Iron Dome, ovvero come il progresso tecnologico garantisce la pace

    Il 7 aprile 2011 per la prima volta un razzo sparato dai terroristi della striscia di Gaza fu intercettato da un sistema antimissile che si chiamava in ebraico kippat barzel, ma noto col nome inglese Iron Dome (in italiano: “cupola di ferro”). Il progetto era nato dopo la seconda guerra del Libano (2006), quando Hizbollah aveva colpito il nord di Israele con oltre 4000 razzi, facendo 44 morti e gravi danni. Fu sviluppato a tappe forzate dall’industria israeliana Rafael e dichiarato operativo a fine marzo 2011. 

     

    All’inizio sembrava una soluzione parziale e incerta. E però ha cambiato completamente l’equilibrio militare intorno a Israele. A partire dalla sua presa del potere a Gaza, Hamas aveva puntato la propria strategia sul potere di ricatto dei missili sparati contro la popolazione civile. Ma nei due conflitti del 2012 e del 2014, come pure nei lanci occasionali successivi, i loro razzi sono stati intercettati da Iron Dome al 90%, anche se sparati a raffica per cercare di saturare il sistema. E’ cresciuta la sicurezza della popolazione, anche se certo non ha eliminato lo stress e il pericolo del terrorismo. Hamas non è più un pericolo militare vero per Israele. La prova è che da sette anni ormai non cerca lo scontro frontale. Hamas in seguito ha provato ad applicare altri mezzi, come i tunnel e gli assalti di massa alla barriera di sicurezza, ma le forze israeliane hanno trovato il modo per neutralizzare anch’esse. Lo stesso è accaduto al Nord, con le minacce di Hezbollah. Il merito va proprio alla superiorità tecnologica israeliana. 

     

    Naturalmente non si può essere sicuri che questa capacità di interdizione continui sempre. Israele non può permettersi di sedere sugli allori.  A quanto si dice Hamas ha circa 10 mila missili puntati su Israele e Hezbollah oltre 100 mila, assai più potenti e precisi che in passato. Ognuno di essi, se arriva al bersaglio, è in grado di uccidere una famiglia o più, di distruggere una casa o una scuole, di provocare lutti e danni. Ma Israele in questi dieci anni ha moltiplicato le sue batterie di antimissili, accumulato intercettori, migliorato il software che ora consente di bloccare razzi, colpi di mortaio e droni anche sparati in serie. Iron Dome è solo uno strato della difesa antimissile di Israele, che comprende altri tre livelli: la “Fionda di Davide” per i raggi a raggio intermedio che potrebbero veire dal Libano e dalla Siria, e “Arrows 3” e “Arrows 4” per i missili balistici a lungo raggio che potrebbero arrivare dall’Iran, ma anche dallo Yemen e dall’Iraq. In cielo poi c’è anche la straordinaria aviazione israeliana, che domina oggi con i suoi nuovissimi F35: a essa potrebbe essere affidata la distruzione del programma atomico iraniano.

     

    Nelle “guerre asimmetriche” contemporanee, vi è un vantaggio strutturale da parte dei gruppi terroristici che possono attaccare la popolazione civile in ogni luogo, e subito trovare rifugio fra i propri civili “come pesci nell’acqua”, nascondendosi fra loro. La tecnologia israeliana permette però di superare questo svantaggio, riducendo anche con la precisione i danni ai civili usati dai terroristi come scudi umani. Israele è all’avanguardia nel mondo per questa difesa attiva e “Iron Dome” è il suo strumento più popolare. In Medio Oriente la via della pace passa innanzitutto per la forza militare di Israele e per il suo sviluppo tecnologico.

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