Che cos’è successo?
La deputata Idit Silman, che era il capogruppo parlamentare della maggioranza ha lasciato l’alleanza di governo. Dato che la coalizione aveva solo 61 deputati sui 120 del parlamento monocamerale israeliano (la Knesset), con questa perdita non c’è più una maggioranza.
Perché queste dimissioni?
Idit Salman se ne è andata perché non poteva accettare che Nitzan Horowitz, leader del partito di estrema sinistra non-sionista Meretz e ministro della Salute avesse dato istruzioni molto rigorose alle direzioni degli ospedali di evitare ogni azione volta ad assicurare che gli ospedali rispettassero le regole della Pasqua ebraica intervenendo per non ammettere i cibi vietati per Pasqua dalla Bibbia ebraica, cioè soprattutto il pane, la pasta e i biscotti fatti con cereali lievitati (ce n’è altri che rispettano queste regole, non essendo lievitati o fatti con altri materiali). Gli ospedali israeliani hanno rispettato questa regola, come la grande maggioranza degli ebrei israeliani, fin dalla loro fondazione. Poi c’è stato un ricorso alla Corte Suprema ed essa ha deciso che per rispetto all’eguaglianza dei non ebrei, non si potessero proibire questi cibi. Ma durante i governi precedenti si era trovato un compromesso, cioè i sorveglianti all’ingresso degli ospedali chiedevano per piacere ai visitatori di non introdurli e di solito erano obbediti. Horowitz è intervenuto per proibire anche questo, con un gesto di chiaro disprezzo alla religione, e Salman si è dimessa. Ma c’è un altro possibile dissidente nel partito di Bennett, Nir Orbach, che ha presentato al primo ministro un ultimatum per rimanere nella maggioranza: l’annullamento del piano di cancellare i sussidi per gli asili nido per gli studenti della yeshivot, le scuole religiose, e approvare quattromila nuove case per gli insediamenti ebraici in Cisgiordania. Impossibile che siano approvate dai partiti di sinistra e da Liberman, fanaticamente contrario ai religiosi. E’ probabile che anche lui esca.
Perché questi problemi nella maggioranza?
Il governo attuale è sostenuto da una coalizione debole e composita. Vi sono partiti di destra come Yamina (cioè “destra”) cui appartiene il primo ministro Bennett e anche Silman, ma anche “Nuova speranza” di Gideon Saar e Israel beitenu di Liberman; vi è l’estrema sinistra di Meretz, la sinistra dei laburisti, la lista araba dissidente (ma legata agli islamisti) Ra’am, il centrosinistra con i partiti di Gantz e di Lapid. Fra Bennet è Lapid vi è un patto di alternanza nella posizione di Primo Ministro che dovrebbe scattare fra un anno e mezzo. Ma anche Gantz aspira al posto di premier. Insomma le forze politiche sono molte e piccole, senza un minimo di base ideologia comune e con molte tensioni personali e ambizioni contrapposte. E’ molto difficile, per chi è stato eletto con un programma di difesa del sionismo e di Israele, convivere con chi ha un programma opposto. Peer fare solo un esempio, in piena ondata terrorista la deputata di Meretz Gaby Lasky, ha ritenuto opportuno dichiarare di essere favorevole alla pratica dell’Autorità Palestinese di pagare uno stipendio ai terroristi incarcerati o alla loro famiglia se erano morti nel “loro lavoro”: tutti meritano uno stipendio, ha spiegato Lanski.
Perché si sono messi assieme?
Negli ultimi due anni e mezzo vi sono state quattro elezioni, con risultati piuttosto costanti: una vasta maggioranza dell’elettorato israeliano vota a destra; il primo partito non solo di questa maggioranza di destra ma dell’intero schieramento politico è di gran lunga il Likud presieduto da Bibi Netanyahu. Alcune forze della destra (prima Liberman, poi Bennet e infine Saar, che è uscito dal Likud) si rifiutano però di partecipare a un governo presieduto da Netanyahu. La ragione addotta è il controverso processo per corruzione e conflitto di interesse che Bibi sta affrontando, ma sotto ci sono rivalità personali provocate anche dal pessimo carattere di Netanyahu. Alla fine, dopo una serie molto lunga di tentativi falliti, si è messa assieme una maggioranza risicata basata in sostanza solo sul progetto di impedire che Netanyahu torni al governo.
Perché il Likud non sceglie un altro leader?
Perché Netanyahu ha una solida maggioranza nel suo partito ed è anche il politico ritenuto più adatto a fare il primo ministro dalla maggioranza degli israeliani, come dimostrano i sondaggi. Il Likud inoltre rifiuta di farsi imporre il proprio leader dall’esterno.
Che succede adesso?
La legge israeliana rende molto difficili le crisi di governo. Ci sono tre strade:
– O si trova una maggioranza che voti lo scioglimento della Knesset, portando a nuove elezioni. Ma anche in Israele molti deputati, eletti da appena un anno, sono restii a sottoporsi di nuovo a un processo elettorale, che dai sondaggi molto probabilmente confermerebbe, se non le posizioni dei singoli partititi, quelle degli schieramenti. E si tratterebbe di una mossa impopolare nel paese.
– O c’è un voto di sfiducia costruttivo, cioè una maggioranza di deputati indica un nuovo primo ministro. Ma all’opposizione di Netanyahu mancano sette voti per poterlo fare. Dopo Salman ci sono altri dissidenti, come Orbach, ma probabilmente non in numero sufficiente. Potrebbe esserci un intero partito, per esempio quello di Gantz, a cambiare maggioranza. Ma non è una mossa facile,
– Oppure si continua con un governo azzoppato e litigioso, incapace di approvare leggi alla Knesset perché senza maggioranza, che andrebbe avanti usando i poteri piuttosto ampi dell’ordinaria amministrazione e cadrebbe solo fra un anno, quando dovrà far passare il bilancio. Questa è la soluzione più probabile, ma anche forse la meno adatta a dare a Israele un governo autorevole in questa fase di crisi.