Sono un po’ remote, forse un po’ di nicchia e fuori dai sentieri battuti. Ma proprio per questo sono sorprendenti le tre destinazioni che Shalom ha selezionato per chi ama la natura, la storia e le diversità culturali di Israele. Per chi già conosce le mete più famose ma non per questo ha perso la curiosità. Agamon Hula, Revivim e Kfar Kama sono luoghi che custodiscono storie affascinanti da scoprire.
Per dare il nome di Revivim (in ebraico, acquazzoni) al “mitzpe” (avamposto) più a sud di qualsiasi altro insediamento ebraico, nel cuore del deserto e circondato dal nulla a perdita d’occhio, ci voleva la speranza e l’ottimismo di un gruppo di tenaci pionieri. Fondato nel 1943 sotto il Mandato britannico, cinque anni prima della fondazione dello Stato d’Israele e in piena Shoah in Europa, la prima sfida fu consolidare la proprietà della terra acquistata dai beduini attraverso la costruzione di impianti per l’irrigazione e campi coltivati in una landa deserta e desolata, sfuggendo al divieto del “White Paper” inglese che vietava l’istituzione di insediamenti ebraici. Era invece consentita l’installazione di stazioni agricole sperimentali. La stazione meteorologica fornì per la prima volta informazioni accurate sui livelli di precipitazioni, sul tasso di evaporazione, sulla forza dei venti nelle giornate umide e in quelle secche e sulle temperature diurne e notturne. Così a Revivim si testavano i raccolti che potevano resistere nel Negev e si studiava la capacità di adattamento dell’uomo nel clima estremo del deserto.
Ma in realtà si iniziava a popolare la regione del Negev. Il primo gruppo di tre giovani pionieri arrivò nell’estate del 1943. Poco dopo, altri nove li raggiunsero. Erano tutti ventenni, alcuni dei quali sposati. Lasciarono mogli e figli nelle loro case di Rishon LeZion e il loro primo rifugio fu una grotta di epoca bizantina. Un anno dopo, li raggiunsero le prime donne. Solitudine, isolamento e agguati erano all’ordine del giorno. Come in tutti i “mitzpim”, anche a Revivim fu costruita una piccola fortezza di due piani con una torre di avvistamento all’interno di un cortile circondato da un muro.
Nel maggio 1947, quando i membri della Commissione d’inchiesta delle Nazioni Unite andarono a Revivim per valutare la capacità di resa economica del Negev, in mezzo al deserto trovarono campi di cipressi, erba medica e ulivi. Dopo quella visita, la raccomandazione di includere il Negev nel futuro Stato ebraico non avrebbe potuto essere più favorevole.
Alla fine del 1947, dopo il ritiro dell’esercito britannico dalle sue basi, gli insediamenti del Negev iniziarono a fortificarsi e a prepararsi alla possibilità di un’invasione da parte dell’esercito egiziano, nascondendo arsenali di armi negli “slikim”, barili di ferro conservati nelle grotte. Durante la guerra arabo-israeliana del 1948 Revivim rimase dietro le linee egiziane per diversi mesi. I trenta membri del kibbutz vivevano in rifugi sotterranei e ricevevano rifornimenti di cibo da convogli che percorrevano le linee di battaglia e per via aerea. Un aereo bimotore Dakota DC3 è ancora parcheggiato nel retro della fortezza e si può visitare, salendo a bordo fino alla cabina di pilotaggio. Dieci dei trenta uomini morirono nella Guerra d’Indipendenza. Ma oggi Revivim, con circa 800 residenti, è uno dei kibbutzim più fiorenti del Negev.