Nel giorno di commemorazione e lotta per l’emancipazione delle donne, ci piace ricordare la figura di Golda Meir che ci riporta anche al conflitto in corso in Ucraina. Golda Meir, infatti, era nata a Kiev, una città parte dell’Impero Russo e come racconta ad Oriana Fallaci in “Intervista con la storia”, nel novembre del ’72, il primo ricordo della sua vita è quando il padre “inchioda la porta e le finestre per impedire ai cosacchi di entrare in casa e ammazzarci. Oh, il rumore del martello che pianta i chiodi nelle assi di legno! Oh, il rumore degli zoccoli dei cavalli quando i cosacchi avanzavano lungo la strada!” Ricorda anche i pogrom di Pinsk, dove la famiglia si era trasferita, quando la brutalità zarista raggiunse il suo culmine e di come la famiglia emigrò negli Stati Uniti dove si poteva manifestare in libertà e dove il padre e il corteo venivano scortati dalla polizia a cavallo, malgrado la sorella di Golda fu presa da un attacco di panico perché pensava che fossero i cosacchi.
Ma la Golda descritta da una Oriana Fallaci equidistante, lontana dagli ultimi anni della Rabbia e l’Orgoglio, viene nella sua umanità e nell’incredibile attualità. Ribalta la frase secondo cui Ben Gurion la definì “l’uomo più in gamba del suo governo”, per Meir “una leggenda irritante sebbene gli uomini la usino come un gran complimento. Lo è? Non direi”. L’allora premier spiega anche che “una donna per avere successo deve essere molto più brava di un uomo. Nel nostro parlamento vi sono poche donne, particolare che mi disturba assai. E queste poche donne non sono affatto meno brave degli uomini. Spesso, anzi sono molto più brave”. Spiega quanto sia duro per una donna avere successo: “sei al lavoro e pensi ai figli che hai lasciato a casa, sei a casa e pensi al lavoro che non stai facendo”. Ricorda a questo proposito l’Israele della gioventù perché solo in un “kibbutz la vita è organizzata in modo che tu possa lavorare e avere bambini”. Quel kibbutz che lasciò nel tentativo di salvare il matrimonio con suo marito, suo unico amore fino alla fine della vita, ma anche così diverso da lei da non poterci vivere insieme. Viene fuori un ritratto di una donna che non rinuncia alla sua femminilità, cucina per gli ospiti anche a capo del governo e rimette in ordine perché la ragazza delle pulizie non trovi troppo sporco il giorno dopo.
Ma Golda Meir è stata soprattutto una politica. E come politica afferma principi che sembrano scritti oggi. “La guerra è una stupidaggine immensa. Sono convinta che un giorno tutte le guerre finiranno”. Parla dell’indifferenza con cui i capi arabi mandano a morire la propria gente perché “un dittatore non deve rendere conto al suo popolo di una pace che non fa. Non deve rendere conto neppure dei morti. Chi ha mai saputo quanti soldati egiziani sono morti nelle ultime due guerre? Solo le madri, le sorelle, le mogli, i parenti che non li hanno visti tornare. Noi invece… Raccolgo la fotografia e la biografia di ogni soldato e soldatessa morti in guerra. Ogni singola morte per noi è una tragedia. A noi non piace fare le guerre neppure quando le vinciamo”.
Sul terrorismo, Meir è diretta: “non considero i terroristi nemmeno esseri umani. Anche noi durante la guerra di indipendenza avevamo i nostri gruppi terroristici: lo Stern e la Irgun, ma nessuno di loro si macchiò mai delle infamie di cui gli arabi si macchiano con noi”. E qui il ricordo di Golda va alle stragi di Monaco e Lidda.
Ci sono poi le considerazioni sull’Europa, parole profetiche potremmo dire. “È necessario che gli europei decidano di impedire questa che lei (Oriana Fallaci ndr) chiama guerra. Fino ad oggi c’è stata troppa tolleranza da parte vostra. Una tolleranza che ha le sue radici in un antisemitismo non spento. Ma l’antisemitismo non si esaurisce mai nella sofferenza degli ebrei e basta. Si comincia col tormentare gli ebrei e si finisce col tormentare chiunque. Grazie alla vostra inerzia e alla vostra condiscendenza, il terrore si moltiplicherà e anche voi ne farete le spese”.
Arriva anche il monito al mito dell’uomo forte o, in questo caso, della donna forte. Alla Fallaci che le domanda “perché si dice che solo lei riesce a tenere unito il paese?”, Meir risponde secca: “Il paese si tiene unito da sé: non ha bisogno di un primo ministro chiamato Golda Meir”. Poi un auspicio per il futuro. “A parer mio, le donne possono essere buoni governanti, buoni capi di Stato. Le donne più degli uomini posseggono una capacità che serve per questo mestiere, sono più pratiche, più realistiche, non si disperdono in fumisterie come gli uomini”. Peccato che in Italia ancora nessuna donna è diventata presidente del Consiglio, né presidente della Repubblica. Sarebbe ora di guardare all’esempio di Golda Meir e di tutte le donne premier che l’hanno preceduta e succeduta nel mondo e in Europa.