
Israele e Stati Uniti stanno cercando di convincere le Nazioni Unite ad aderire a un nuovo meccanismo per la distribuzione degli aiuti umanitari nella Striscia di Gaza. Secondo quanto riferito da fonti diplomatiche israeliane e occidentali al Jerusalem Post, il piano – già approvato dal gabinetto di sicurezza israeliano – prevede l’istituzione di centri di distribuzione sotto il controllo diretto dell’IDF, in cui gli aiuti saranno consegnati direttamente alla popolazione civile, aggirando il sistema attuale dei convogli umanitari. Un sistema che si è rivelato estremamente vulnerabile, poiché frequentemente intercettato, saccheggiato e manipolato da Hamas.
I convogli umanitari gestiti dalle ONG internazionali infatti, se non adeguatamente scortati, diventano bottino facile per i terroristi: vengono fermati, svuotati e il loro contenuto redistribuito ai membri di Hamas o rivenduto, rafforzando un’economia criminale parallela, mentre i civili continuano a soffrire la fame.
Per questo motivo, la proposta israelo-americana di centri sicuri gestiti direttamente dall’IDF non solo è pragmatica, ma è l’unica opzione realistica per garantire che gli aiuti arrivino davvero a chi ne ha bisogno. Il nuovo piano è stato illustrato al Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite dall’inviato speciale americano per il Medio Oriente, Steve Witkoff. Secondo il sito Axios, l’amministrazione Trump sta esercitando forti pressioni diplomatiche affinché il meccanismo venga non solo approvato, ma anche finanziato e legittimato attraverso il coinvolgimento diretto delle Nazioni Unite. Alcuni funzionari statunitensi hanno addirittura ipotizzato la creazione di un’amministrazione transitoria di Gaza sotto guida americana, simile all’Autorità Provvisoria della Coalizione istituita in Iraq nel 2003.
Nonostante ciò, l’ONU e alcune ONG internazionali hanno respinto la proposta, sostenendo che questa comprometterebbe i principi di neutralità e indipendenza dell’aiuto umanitario, come se, secondo le Nazioni Unite, Hamas debba avere un ruolo nel piano, per renderlo legittimo. Il portavoce dell’Ufficio ONU per il Coordinamento degli Affari Umanitari (OCHA), Jens Laerke, ha accusato Washington e Gerusalemme di voler “strumentalizzare gli aiuti”, affermando che “devono essere forniti in base al bisogno, non utilizzati come leva politica”. Una posizione che molti analisti definiscono ideologica e scollegata dalla realtà sul campo. La cosiddetta neutralità delle agenzie ONU, infatti, ha spesso prodotto una gestione inefficace degli aiuti – e in alcuni casi apertamente collusa con Hamas. Le accuse non sono infondate, ma supportate da numerose inchieste giornalistiche, testimonianze di civili e rapporti dei servizi di sicurezza israeliani. Decine di dipendenti dell’UNRWA sono risultati essere membri attivi di Hamas, alcuni dei quali coinvolti direttamente nel massacro del 7 ottobre. Di fronte a queste evidenze, continuare a parlare di “neutralità” delle Nazioni Unite appare non solo fuori luogo, ma quasi offensivo per le vittime e per chi opera davvero nell’assistenza umanitaria.
Il Presidente Donald Trump, intervenendo sul tema, ha dichiarato che “aiuterà i civili di Gaza a ricevere cibo” e ha annunciato che, durante il suo prossimo viaggio in Medio Oriente, potrebbe rendere nota una “decisione molto importante” sul futuro politico e umanitario della Striscia.