La difesa di Israele
Con gli interventi in difesa da parte di avvocati, professori di diritto, funzionari del Ministero della Giustizia, si è concluso il dibattimento, molto formale e ingessato, sull’accusa di genocidio portata dal Sudafrica contro Israele davanti alla Corte Internazionale di Giustizia. I difensori hanno mostrato che l’azione sul campo delle truppe di Israele non ha mai avuto lo scopo di distruggere la popolazione palestinese, ma di difendere i propri cittadini dagli attacchi dei terroristi; hanno documentato la cura che le forze armate israeliane hanno posto per sottrarre i residenti civili di Gaza ai combattimenti, l’accettazione di Israele all’ingresso di soccorsi e il fatto che i terroristi usano la popolazione e soprattutto istituzioni come scuole, ospedali, moschee come scudi umani provocando loro le perdite dei civili. La difesa ha anche mostrato come l’accusa banalizzasse la nozione di genocidio, servisse in sostanza per aiutare i terroristi a continuare la loro attività criminale e come non vi sia base giuridica per il ricorso alla corte. Hanno concluso chiedendo che la causa fosse cancellata e che nessuna delle misure urgenti chieste dal Sudafrica fosse deliberata
Gli schieramenti
In un mondo se non perfetto, almeno ragionevole e attento alle regole del diritto, questa causa sarebbe facilmente vinta da Israele. L’idea stessa che lo Stato ebraico nato subito dopo la Shoah possa commettere il crimine che fu definito proprio in riferimento allo sterminio degli ebrei d’Europa è oscena. Che una accusa del genere venga mossa non ai massacratori, stupratori e rapitori del 7 ottobre, ma a chi si difende da essi è orribile. Ma quel che deciderà la causa non sarà la giustizia, bensì gli schieramenti politici. I 15 giudici della Corte – cui se ne aggiunge uno per gli accusatori e uno per la difesa – sono nominati dall’Assemblea dell’Onu per appartenenza regionale. È probabile che Israele possa contare su Slovacchia, Francia, Stati Uniti, Australia, Giappone, Germania e India – sette su quindici. Per varie ragioni sono presumibilmente schierati contro Israele sei paesi: Somalia, Cina, Brasile, Russia, Libano e Marocco. Restano due paesi incerti: Uganda, che Netanyahu ha visitato due volte negli ultimi sette anni ma che sta cercando legami più forti con il Sud Africa e Giamaica, la quale si è astenuta dal voto dell’Assemblea Generale delle Nazioni Unite in ottobre sul cessate il fuoco a Gaza (ma ha votato per una risoluzione simile a dicembre). Sulla base di questo ragionamento, Israele potrebbe avere una maggioranza di otto a sette che accettano le sue ragioni.
Le possibili sorprese
Ma ci potrebbero essere delle sorprese. L’India ha un buon rapporto con Israele, ma quasi mai vota per lui all’Onu, anche per compiacere i propri musulmani. Potrebbe anche questa volta cambiare schieramento. Russia e Cina potrebbero essere riluttanti alla banalizzazione del reato di genocidio proposta dal Sudafrica, perché entrambe devono affrontare accuse ben più solide di quelle contro Israele, per l’invasione dell’Ucraina e la repressione degli Uiguri e potrebbero voler evitare di poter costituire un precedente che potrebbe essere usato contro di loro. Almeno una delle due potrebbe non votare per l’accusa. Dunque, anche in un mondo in cui la politica conta più del diritto, c’è una discreta possibilità che Israele sia prosciolto. Ma questo accadrà fra molti mesi. Nel frattempo la battaglia è sui provvedimenti provvisori che la corte potrebbe decidere subito, ordinando perfino a Israele di uscire da Gaza, il che sarebbe un problema serio, sia che Israele obbedisse all’intimazione, bloccando la guerra ai terroristi, sia che si rifiutasse isolandosi sul piano internazionale. La decisione avverrà nei prossimi giorni.