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    Exodus, morta la madre del ministro Gallant, testimone della nave ricacciata dagli inglesi nel 1947

    Uno degli
    episodi più raccapriccianti degli anni di mandato britannico in Palestina fu
    certamente quello che coinvolse i passeggeri della nave Exodus. La nave partita
    dalla Francia, carica di immigrati provenienti dai campi di sterminio nazisti,
    venne scortata e poi assalita dai soldati inglesi per impedirne l’immigrazione
    in Palestina. Una di queste era la piccola Fruma Gallant, morta oggi a 88 anni,
    madre del ministro della Difesa Yoav Gallant. Fruma era nata in Polonia,
    all’epoca del viaggio era una ragazzina di 11 anni quando riuscì insieme ai
    genitori, scampati alla Shoah, ad imbarcarsi sull’Exodus. Sua madre era incinta
    e sua sorella nacque a bordo della nave. In seguito, Fruma riuscì ad arrivare
    in Israele nel 1948 dopo la fondazione dello Stato e divenne infermiera. Per
    tutta la vita ha testimoniato quello che gli occhi di bambina hanno visto in
    quei terribili giorni.

    L’operazione
    contro l’Exodus fu ideata dall’allora ministro degli esteri britannico Ernest
    Bevin come un atto dimostrativo per evitare ulteriori ondate migratorie. Bevin
    voleva che l’Exodus diventasse un esempio anche quando gli inglesi avevano già
    deciso di voler abbandonare la Palestina e affidare il futuro del paese alla
    commissione d’inchiesta Onu che proprio in quel momento si trovava nel paese
    per cercare una soluzione alla dipartita britannica.

    La nave
    trasportava più di 4500 ebrei provenienti da diverse nazioni e quando salpò dal
    porto di Sète fu seguita dagli inglesi che cominciarono a preparare il piano
    d’assalto. Il 18 luglio le forze britanniche presero il controllo
    dell’imbarcazione a 40 km delle coste palestinesi. Negli scontri furono uccisi
    un membro dell’equipaggio, un volontario americano e due passeggeri; diverse
    altre persone furono ferite.

    Due dei
    funzionari Onu assistettero allo sbarco dei passeggeri nel porto di Haifa per
    essere rispediti su altre tre navi dirette a Port-de-Bouc, a circa 40
    chilometri a ovest di Marsiglia. Le tre navi arrivarono sulle coste francesi il
    2 agosto, ma il governo francese si rifiutò di costringere i passeggeri a
    sbarcare, e gli uomini della Haganah ancora a bordo convinsero molte persone a
    non scendere.

    Dopo tre
    settimane di stallo, i britannici decisero di dirottare le navi verso il porto
    di Amburgo, in Germania, che allora era parte della zona di occupazione
    affidata al Regno. Ad Amburgo diverse persone furono fatte scendere con la
    forza. Gli ebrei a bordo furono portati in due dei campi temporanei allestiti
    in Germania per i profughi dopo la Seconda guerra mondiale. L’operazione di
    Bevin si rivelò un boomerang per il governo britannico e i commissari Onu
    decisero di proporre alle Nazioni Unite la soluzione di due popoli, due stati,
    consci dell’imminente necessità dell’immigrazione ebraica in Palestina.

    Una
    manifestazione di protesta fu organizzata a Tel Aviv: tra i leader c’era anche
    Golda Meir, che ricorda nelle sue memorie la vicenda. “Non riuscirò mai a
    dimenticare lo sconvolgente spettacolo di centinaia di soldati inglesi che, in
    piena tenuta da guerra, si scagliavano con bastoni, pistole e bombe a mano
    contro gli infelici profughi dell’Exodus, quattrocento dei quali erano donne
    incinte – scrive la politica israeliana – mai dimenticherò la rabbia quando
    seppi che i profughi sarebbero stati rispediti come bestie in gabbia ai campi
    di raccolta di quel paese considerato il cimitero dell’ebraismo europeo”. Il
    destino che attendeva anche la piccola Fruma, ma soltanto per alcuni mesi. Da
    lì a poco, con la nascita dello Stato ebraico, la famiglia di Fruma sarebbe
    giunta in Israele per iniziare una nuova vita.

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